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L’America riscopre la Calabria. Ad Acquaro il recupero di un frantoio risalente agli anni ’30

Che idea! L’esclamazione giusta per riassumere una storia con risvolti straordinariamente virtuosi. Si mescolano una visione singolare di “turismo esperenziale”, alla valorizzazione di luoghi dimenticati e al conseguente recupero di edifici e strutture altrimenti destinati all’ineluttabile oblio storico, sociale ed economico. Gli artefici sono i “soliti folli”, Evelina Santaguida, insegnante di lingue di Dasà emigrata in America, e il marito Harper, regista. A coadiuvarli sul posto un’attiva associazione costituita per gestire l’accoglienza, “Dasos Elios”, e un’agenzia viaggi di Chiaravalle.

I “pazzi”, partendo dal loro canale YouTube “Pasta Grammar” (su cui, con spiritose gag, preparano succulente ricette italiane, venendo seguiti da quasi 300 mila followers), da qualche anno portano nel sud Italia, e a Dasà e località vicine, orde di turisti stranieri, vogliosi di una vacanza “alternativa”, immersi nelle piccole e non frenetiche realtà locali. Dove possono godere delle abitudini che per i residenti sono “normali” ma per loro “particolari”. Possono degustare piatti buoni e genuini, partecipando fattivamente alla loro preparazione. Desiderano vedere ciò di cui il paesaggio e il patrimonio architettonico offrono ed essere a contatto con la natura. Insomma, come Colombo, l’America, e altre parti del mondo, vogliono riscoprire l’Italia. Questo meccanismo, già di per sé virtuoso per l’economia che fa girare, ha determinato un altro virtuosismo: l’acquisto di strutture, abitative e non, da adibire a propria dimora in futuro o trasformare in B&B, per coadiuvare questa meravigliosa idea di “turismo esperenziale”. In un’area dove tante case sono disabitate e molte delle campagne abbandonate. Dove i giovani emigrano e sono “surrogati” dagli immigrati. Lo hanno già fatto 4/5 americani, che hanno acquistato casa. Lo hanno fatto Eva e Harper, che hanno acquisito e stanno ristrutturando la pizzeria dismessa, con annessa abitazione, che accoglie i turisti “esperenziali” quando arrivano a Dasà. Stupefacente. Visto che la gente del posto tende a dare poco valore a ciò che ha. Ancora più stupefacente – e qui si entra nel vivo della storia che si sta raccontando – è stata la “casuale” acquisizione, in comodato d’uso, di una struttura ad Acquaro. Un oleificio risalente agli anni ’30 del secolo scorso: un raro, se non unico, esempio di archeologia industriale che custodisce al suo interno un prezioso tesoro. Al di là del macinino, con mulinello in pietre scalpellinate da artigiani locali. Al di là di una vasca e di una fornace, dove venivano eseguite le varie fasi della lavorazione. Al di là della struttura, integra com’era oltre 90 anni fa (sebbene con i necessari lavori da eseguire). Al di là di tutto ciò il tesoro è rappresentato da un torchio in legno, a triplice vite (anch’esso realizzato da artigiani del posto), dove veniva spremuta la sansa su delle sportine in canapa (alcune delle quali conservate intatte senza mai essere usate). A stupire, oltre all’integrità della struttura, è il modo in cui chi l’ha acquisita, ne è venuta a conoscenza. È bastato, infatti, un semplice commento su Facebook per scatenare un meccanismo inverosimile, che ha determinato il non facile contatto con il proprietario, residente a Bologna (dove aveva con se le chiavi del sito). Superate le difficoltà lo stesso è venuto apposta dal luogo dove vive, ha fatto vedere l’opificio e, nel giro di una manciata di giorni (non più di 3) si è concluso il tutto, con l’avvio delle prime attività di ripulitura e ristrutturazione. Eva e Harper hanno in mente di realizzarvi una sorta di museo/struttura ricettiva per i loro ospiti stranieri. Ne godranno sicuramente gli autoctoni, il paese e tutto il comprensorio, che beneficeranno di una struttura di lodevole bellezza e valore storico. Un’idea “folle”. Ma: “che idea”!

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