È la partita. Non esiste un prima, non si può nemmeno pensare a un dopo. C’è solo Padova-Catanzaro. Ci sono solo questi 90 minuti più eventuali supplementari e rigori. Come una gara dei Mondiali o degli Europei. La stessa tensione, la stessa importanza di una notte magica degli Azzurri: a Catanzaro è così, a Padova, in quella fetta di stadio riempita dai tifosi giallorossi pure. L’ambiente è carico, fiducioso e ottimista perché mai come questa volta le Aquile possono e devono osare. «Non mi interessa come ha preparato la sfida l’avversario, in campo dobbiamo fare quello che decidiamo noi ed essere bravi a eseguire ciò che abbiamo in mente», ha spiegato Vivarini, in serata, dopo la rifinitura a Veronello.
«Servono rabbia, carica nervosa e agonistica ai massimi livelli, grossa determinazione ed esuberanza nel cercare di eseguire le cose al meglio delle nostre potenzialità. In una partita come questa è necessario, soprattutto, che la squadra abbia il coraggio di affrontarla nel modo giusto, per comandare sfruttando tutte le proprie caratteristiche». Con una spinta non indifferente dagli spalti: «Noi non giochiamo in trasferta – ha aggiunto Vivarini – questa è la cosa più bella. Il popolo giallorosso ci ha dato tante di quelle dimostrazioni di affetto… che speriamo di riuscire ad accontentarlo, sono sicuro che i nostri sostenitori si faranno sentire come se fossimo a Catanzaro».
L’andata non conta. O meglio, il risultato dell’andata è come se non esistesse: lo 0-0 ha lasciato invariati gli equilibri. La prestazione però resta importante: la squadra di Vivarini ha giocato meglio, ha fatto valere i propri argomenti con un calcio propositivo, costruttivo, per niente speculare. «All’andata – ha ricordato il coach – siamo stati bravi a non permettere al Padova di fare la gara che avrebbe voluto perché credo l’avessero immaginata diversamente. Noi invece li abbiamo messi lì, ne abbiamo limitato le individualità, abbiamo sfiorato diverse volte il gol. Sicuramente anche stavolta sarà dura, un incontro bello da giocare e da vincere». Non ha segnato, ma ha dimostrato di avere in mano idee e codici più strutturati di quelli avversari, che invece si sono snaturati, hanno soprattutto atteso e provato a non subire. Se una formazione che ha fatto 85 punti nel suo girone cambia pelle e atteggiamento vuol dire che, come minimo, ti rispetta se non ha proprio paura. Dall’altro lato, significa pure che ha la sostanza per resistere, come è riuscita a fare. Ciò non toglie che la sfida di mercoledì sera, su un piano psicologico, possa rappresentare un piccolo vantaggio per Martinelli e compagni: va sfruttato senza farsi prendere dall’ansia o dalla frenesia. Quello nervoso dopo il primo atto era Oddo, non Vivarini («Ma in campo la differenza la fanno i calciatori»).
Il coach, comunque, nei due giorni di ritiro ha ricalibrato i dettagli in vista dell’incrocio di stasera per presentarsi all’appuntamento con la storia: mai il Catanzaro si è qualificato a una finale dei playoff per la B, né ha mai vinto a Padova in tredici precedenti fra campionato e Coppa (1-1 a dicembre). Lo stimolo delle prime volte. E lo stimolo, per l’allenatore, di riprovarci: due anni fa, da coach del Bari, perse l’ultimo atto contro la Reggiana: inevitabile che mediti pure un riscatto personale. Padova-Catanzaro è anche la partita dell’indimenticato Gianni Di Marzio. Il “mister” ha allenato le due squadre e a Padova è vissuto fino alla scomparsa avvenuto lo scorso gennaio. Ha lasciato un gran ricordo anche lì, ma la storia l’ha scritta in giallorosso con la promozione in A del 1976. Vincere sarebbe il modo migliore per onorarlo.
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