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Le mani della 'ndrangheta sul settore eolico, nove rinvii a giudizio: c'è anche il boss Mancuso di Limbadi - Nomi e foto

Nove persone, tra le quali Pantaleone Mancuso, alias «Luni scarpuni», boss di Limbadi, sono state rinviate a giudizio dal gup di Catanzaro Claudio Paris, con l’accusa, a vario titolo, di associazione mafiosa, estorsione, illecita concorrenza con violenza o minaccia, danneggiamento e induzione indebita a dare o promettere utilità aggravati dal metodo mafioso nell’ambito dell’inchiesta «Via col vento», incentrata sull'ingerenza delle cosche di 'ndrangheta nella realizzazione di alcuni parchi eolici in Calabria.

Per una serie di contestazioni gli imputati dovranno rispondere al Tribunale di Catanzaro, per altri a quello di Crotone. Nello specifico, a partire dal 25 giugno prossimo, avrà inizio a Catanzaro il processo a carico di Pantaleone Mancuso; Rocco Anello, di Filadelfia; Riccardo Di Palma, di Guardaregia (Campobasso); Romeo Ielapi, di Filadelfia; Mario Scognamiglio, di Napoli; Mario Fuoco. Saranno processati dai giudici di Crotone Riccardo Di Palma; Giuseppe Errico, di Cutro; Pantaleone Mancuso; Giovanni Trapasso, di Cutro.

Il processo avrà inizio il 26 giugno. Già nelle scorse udienze aveva chiesto il rito abbreviato Giovanni Giardino, di Maida, per il quale l'udienza davanti al gup partirà il 19 luglio prossimo. L’indagine è stata coordinata dalla Dda di Reggio Calabria. Per competenza territoriale, alcune posizioni sono state stralciate ed i fascicoli inviati ai tribunali competenti. Il fascicolo con le posizioni di quella che viene ritenuta la cellula catanzarese del gruppo, è arrivato al pm Antonio De Bernardo, oggi alla Dda di Catanzaro, che aveva seguito l'inchiesta dai suoi esordi quando era sostituto a Reggio.

Ogni settore legato all’eolico - sostiene l’accusa - era controllato dai clan: dagli hotel al trasporto materiali, dal montaggio delle turbine alla costruzione di strade, dalle forniture alla vigilanza sui cantieri. Quando non poteva gestire gli affari direttamente, la criminalità guadagnava subappalti. Senza contare le estorsioni imposte attraverso il sistema delle sovrafatturazioni e dei pagamenti di indennità

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