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Teatro Umberto di Lamezia, un “gioiello” del Cinquecento in preda al degrado assoluto

Teatro Umberto dagli anni trenta fino ad oggi. Un focus che riporta alla memoria dei lametini arte e storia, ma soprattutto un processo identitario finito col capovolgere più schemi e interpretazioni: nell'epoca post moderna nella quale siamo calati, risulta facile afferrare spaesamento e regresso, dal punto di vista culturale, rispetto a quanto avveniva invece in passato con lo "spedaletto", luogo di passaggio di molti pellegrini nel 500, con il dibattito sociale e politico a seguito della società operaia, e infine cinema muto negli anni trenta e teatro.

Un bel dinamismo. Ma oggi, di quello che viene ricordato più comunemente come "Pidocchietto", la bomboniera di via San Domenico, struttura facente parte dell'intero Complesso San Domenico, non è rimasto altro che porte chiuse, scale e uscite di sicurezza cosparse di foglie di vite, e un interno di anno in anno sempre più decadente.

Adesso che il post lockdown da Covid-19 pare riprendere in mano l'idea di riaprire spazi culturali e beni storici, quali i siti archeologici, c'è da chiedersi qualcosa anche riguardo i tre teatri comunali, chiusi non certo a causa della pandemia. Il vero problema, a quanto pare, è risaputo da decenni, ma solo nel 2018 ad opera dei commissari straordinari, giunti a seguito dello scioglimento per infiltrazioni mafiose del comune, si è messo uno stop definitivo. Inagibilità. Di questo si è trattato, ma le varie amministrazioni non hanno mai approfondito, né tentato di risolvere a tutti gli effetti il problema.

Lo scorso febbraio, a seguito di un paio di incontri, è stata fatta una delibera per individuare un gestore per il teatro Grandinetti, ma attorno allo stesso ruotano ancora molti dubbi inerenti ricorsi al Tar, con riferimento ad alcune aree di proprietà della famiglia Grandinetti. Anche per il teatro Costabile ex politeama di Sambiase sono seguite buone apparenti notizie, definendolo quale bene di non rilevanza economica, e pensando a una convenzione triennale. È chiaro che l'agibilità per entrambi i casi sembra essere superata, sebbene non si siano date spiegazioni specifiche. Mentre il teatro Umberto è destinato a morire. Questa è la percezione ricorrente, nonostante spesso si sia fatto accenno ai fondi della “agenda urbana” per metterlo a posto. Ma al di là di tecnicismi occorre una riflessione più ampia, volta a mettere in luce l'aspetto più propriamente culturale. Se la politica e la cultura sono facce della stessa medaglia, quali strumenti utili al funzionamento della partecipazione democratica, sarebbe allora da ripensare la parte istituzionale, il mondo dell'associazionismo, e il settore della cultura locale e regionale spesso solo orientato al guadagno e mai allo sviluppo del territorio. Intanto, prima di sapere qualcosa riguardo le condizioni del teatro Umberto, sul centrale corso Numistrano, sarebbe utile mantenere il luogo pulito, accertarsi che palco, mura, e tetto non cadano da un momento all’altro. In secondo luogo ragionare su una cultura alla portata di tutti.

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