Dichiarazioni scomode, ma talvolta vere e proprie «fonti chiave» nei processi alla criminalità organizzata, soprattutto quella vibonese. L’apporto fornito dai collaboratori di giustizia, di giorno in giorno, dà i suoi frutti e prova ne sono – per rimanere alle ultime vicende giudiziarie – l’operazione “Anteo” di ieri e la recente inchiesta “Petrol Mafie spa”, coordinata da ben quattro Direzioni distrettuali antimafia (Roma, Napoli, Reggio Calabria e Catanzaro) nelle quali risulta significativo l’apporto dato.
E se per il blitz “Anteo” di non poco conto sono state le dichiarazioni rese da Emanuele Mancuso – figlio del boss Pantaleone Mancuso (alias l’Ingegnere) e primo pentito nella storia della potente cosca di Limbadi, che ha avuto il coraggio di compiere questo significativo passo di un certo rilievo vengono considerate quelle di Andrea Mantella, Raffaele Moscato e Bartolomeo Arena, i quali dipingono i due imprenditori «quali soggetti da sempre orbitanti attorno alla famiglia Mancuso e al clan dei Piscopisani». Un tris di pentiti – le dichiarazioni dei quali vengono ritenute più che credibili dagli inquirenti – che la Dda ha messo in campo anche nell’ attacco agli interessi di un cartello di clan che miravano a conquistare e gestire il mercato dei carburanti.
Vibo, lotta ai clan: gli assi nella manica della Dda
Il ruolo dei collaboratori di giustizia talvolta vere e proprie «fonti chiave» nei processi alla criminalità organizzata
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