Nelle intenzioni di chi lo aveva concepito doveva essere un quartiere ampio e spazioso, con strade larghe e servizi. Un quartiere che fungesse da cerniera fra la zona marina e il centro storico, secondo un’idea armonica di sviluppo del tessuto urbanistico. Nato e costruito nel solco della legge 167 del 1962, sulla scorta di un progetto che prevedeva la realizzazione di servizi di piena integrazione urbana, oggi la zona denominata Corvo è solo un quartiere dormitorio, in nulla aderente all’idea con cui era stato progettato. L’area, che conta circa 20mila residenti, non solo non possiede alcuna attrattiva, ma versa in una condizione di degrado che, in realtà, accomuna molti dei quartieri a sud del capoluogo.
È sufficiente transitare lungo viale Isonzo, fino al punto in cui passa la sopraelevata, per osservare lungo i margini della strada cumuli di immondizia che stazionano per mesi prima che qualcuno si mobiliti per rimuoverli. Ma il quadro più desolante lo si ha non appena si imbocca la traversa che conduce al complesso abitato. Il biglietto da visita è una discarica a cielo aperto sulla pubblica via, in un’immagine impietosa di inciviltà che sottolinea il senso di abbandono e di trascuratezza.
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