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Lamezia, agguato in piazza ai fratelli Trovato: la Procura vuole fugare ogni dubbio

Conferito l’incarico al professor Giulio Di Mizio per effettuare l’autopsia sul corpo della vittima. Dall’esame gli inquirenti contano di ricostruire l’esatta dinamica dell’accaduto. Nell’azione di fuoco scattata la sera del 7 marzo sparati numerosi colpi di pistola

Ricostruire l’esatta dinamica in modo da chiarire nei dettagli quello che successe la sera dello scorso 7 marzo quando, in pieno centro a Lamezia, scattò l’agguato costato la vita a Luigi Trovato, 52 anni, deceduto durante il trasporto in ospedale, e che causò il ferimento del fratello Luciano, 37 anni, e di Pasquale D’Angela, 34 anni, che si trovava insieme ai fratelli Trovato. È il principale obiettivo dei Carabinieri, coordinati dal tenente colonnello Sergio Molinari comandante del Gruppo, e dal maggiore Christian Bruscia, Comandante della Compagnia, delegati ad effettuare le indagini per fare piena luce sull’agguato. Del grave fatto di sangue si sono accusati Claudio Paola (difeso dall'avvocato Antonio Rocco) e Antonio Monteleone (difeso dall'avvocato Armando Chirumbolo). Ma, per fugare ogni ombra sulla vicenda, la Procura di Lamezia, guidata dal procuratore capo Salvatore Curcio, ha conferito l’incarico per effettuare l’autopsia sul copro di Luigi Trovato al prof. Giulio Di Mizio, titolare della cattedra di medicina legale del Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università Magna Græcia di Catanzaro. Anche i difensori dei due rei confessi hanno nominato i propri consulenti che affiancheranno il prof. Di Mizio nelle operazioni peritali che sono già iniziate lunedì scorso e che proseguiranno in questi giorni. Esami lunghi e importanti che aiuteranno gli inquirenti a capire cosa successe esattamente quella sera, la dinamica dell’accaduto e quante armi spararono. Gli esami peritali diventano quindi fondamentali per ricostruire la scena del crimine e per eventualmente avvalorare o smentire la ricostruzione effettuata da Paola e Monteleone. I due hanno riferito ai carabinieri di alcuni episodi che si sarebbero verificati nelle settimane antecedenti al delitto. Fatti che li avrebbero portati a decidere di girare armati. Lunedì sera, a loro dire, sarebbero stati “braccati” da tre auto in piazza Borelli. In particolare, i due hanno riferito che mentre si trovavano a bordo dell’autovettura, un’Alfa Romeo Mito guidata da Monteleone, una volta giunti in piazza Borelli (provenienti da piazza della Repubblica), una Range Rover di colore bianco avrebbe impattato contro la loro auto nella parte anteriore sinistra, provenendo contromano dall’opposto senso di marcia. Nello stesso momento l’Alfa Mito sarebbe stata tamponata dalla parte posteriore da una Fiat 500 di colore rosso. Non solo. Pare che ci sia stata anche una quarta auto, che seguiva contromano la Range Rover. Dal racconto reso ai Carabinieri, Paola e Monteleone avrebbero riferito che dalla Range Rover sarebbero uscite due persone che si dirigevano verso Monteleone che era alla guida dell’auto: sentitosi braccato, Monteleone avrebbe iniziato così a esplodere i primi colpi di arma da fuoco contro i due, che erano Pasquale D’Angela e Luigi Trovato. Atri colpi sarebbero stati esplosi contro Luciano Trovato e ancora contro Luigi, colpito al volto. Nel frattempo Claudio Paola sarebbe uscito dall’Alfa e avrebbe esploso 8 colpi di arma da fuoco contro Luigi e Luciano Trovano, inseguendoli mentre si davano alla fuga. Paola sarebbe anche salito sul tetto di un’autovettura parcheggiata, per poi sparare ulteriori colpi di arma da fuoco contro Luigi Trovato. Dopo l’agguato Paola e Monteleone si sono rimessi in macchina e sarebbero andati a casa. La pistola utilizzata da Paola, una Beretta calibro 9, sarebbe stata buttata dopo la sparatoria nel torrente Piazza, mentre Monteleone ha consegnato ai carabinieri una pistola calibro 6 con matricola abrasa e caricatore privo di proiettili. Ricostruzione, però, che attende i riscontri degli esami scientifici per essere confermata.

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