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Agguato mortale a Nicotera Marina, ucciso il 37enne Giuseppe Muzzupappa

Sabato sera di sangue nel Vibonese. Un agguato mortale è avvenuto questa sera a Nicotera Marina. A perdere la vita Giuseppe Muzzupappa, 37 anni di Nicotera, già noto alle forze dell’ordine, ucciso a colpi di pistola. Sul luogo dell’agguato si sono recati i carabinieri del Nucleo Investigativo di Vibo Valentia, i militari dell’Arma della locale Stazione e della Compagnia di Tropea per i primi accertamenti. Secondo una prima sommaria ricostruzione, l'agguato sarebbe avvenuto intorno alle ore 21 nei pressi di un bar dove si trovava la vittima che è stato raggiunto presumibilmente da diversi colpi di pistola. Il killer, subito dopo aver fatto fuoco, si è dato alla fuga. Con molta probabilità al delitto potrebbero aver assistito alcune persone mentre i carabinieri, coordinati dal procuratore di Vibo, Camillo Falvo, stanno anche verificando se nella zona vi fossero delle telecamere di videosorveglianza le cui immagini potrebbero aver ripreso la scena. Gli inquirenti non escludono al momento nessuna pista, dalla vendetta a un regolamento di conti nell’ambito della criminalità locale.

Muzzopappa era noto alle forze dell'ordine in quanto, nel gennaio del 2020, fu arrestato dalla polizia a Gerocarne, nelle pre-Serre vibonesi, insieme al cugino Antonio Campisi (quest’ultimo figlio di Mimmo Campisi , broker della droga ucciso nel 2011 a Nicotera) in quanto i due, nell’autunno del 2019, erano stati sorpresi mentre lanciavano, da una casa di Gerocarne, nel fiume una pistola con matricola abrasa calibro 7,65 con relativo munizionamento e colpo in canna. La polizia sequestrò anche, tra le altre cose, 30mila euro in contanti e i due cugini nell’occasione erano muniti di un’auto blindata con tanto di sirena. Entrambi furono accusati di tentato omicidio e detenzione illegale di armi, con l’aggravante dalle finalità mafiose.

Secondo l’accusa, Muzzopappa e Campisi – insieme ad altre persone rimaste sinora non identificate – avrebbero pianificato un omicidio nei confronti di persone appartenenti al clan Loielo, operante nel territorio delle Preserre vibonesi, nell’ambito della faida con il clan rivale degli Emanuele. Secondo gli inquirenti, i due cugini avrebbero stabilito la loro base operativa in un appartamento di Gerocarne, utilizzato come covo. Ma la Corte di Cassazione, alla quale si erano rivolti i legali dei due indagati, aveva riconosciuto l’assenza di gravità indiziaria per l’aggravante mafiosa.

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