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La 'ndrangheta e gli affari in Ungheria. Gratteri: "Ecco come avviene il riciclaggio"

Una nuova operazione anti-'ndrangheta, un nuovo colpo alle infiltrazioni mafiose ramificate su più direzioni e più territori. Ha una valenza internazionale l'operazione portata a termine la notte scorsa dai carabinieri del Ros nella provincia di Vibo Valentia sotto il coordinamento della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro guidata dal procuratore Nicola Gratteri. Un'indagine che prosegue sulla scia della maxi operazione Scott-Rinascita del 19 dicembre 2019 che portò ad oltre 300 arresti.

In carcere sono finiti Giovanni Barone; Basilio Caparrotta, 62 anni; Basilio Caparrotta, di 52; Giuseppe Fortuna, 46 anni; Giuseppe Fortuna di 60 anni; Gaetano Loschiavo ed Edina Szilagyi.

Sono stati disposti tre divieti temporanei a esercitare attività imprenditoriali o uffici direttivi a carico di Saverio Boragina, Annamaria Durante ed Eva Erzsebet Szilagyi. Sequestri preventivi sono stati disposti per cinque società, quattro delle quali a Budapest, in Ungheria, e per uno yacht marca Azimut 'Nelly Star'. Le accuse contestate ai destinatari delle misure sono, a vario titolo, associazione di tipo mafioso (imputazione a carico di 4 soggetti), riciclaggio internazionale, trasferimento fraudolento di valori, truffa internazionale e altri reati, alcuni dei quali aggravati dal metodo mafioso. L’operazione odierna rappresenta la terza tranche della maxioperazione 'Rinascita Scott' del dicembre 2019, sulle attività della 'ndrangheta nel Vibonese, con oltre 330 indagati.

Gli affari internazionali dei Bonavota e le criptovalute

Società in Ungheria e in altri Stati europei, come Cipro, Regno Unito, Francia e Danimarca, per riciclare il fiume di denaro frutto delle attività illecite e per reinvestirlo, una volta "ripulito", in immobili, yacht e ville di lusso: così il locale di 'ndrangheta di Sant'Onofrio (Vibo Valentia), rappresentato dalla cosca Bonavota, aveva fatto il salto di qualità muovendo milioni di euro in un vorticoso giro su scala europea, il cui epicentro era lo studio di un’avvocata ungherese, e puntando a inserirsi nella nuova frontiera delle criptovalute. Questo è lo scenario che la Dda di Catanzaro ha svelato con la terza tranche dell’operazione 'Rinascita Scott' (l'operazione è stata ribattezzata Rinascita Scott 3-Assocompari), seguita dai carabinieri del Ros e del Comando provinciale dell’Arma di Vibo Valentia e concretizzata nell’applicazione di 11 misure cautelari.

Gratteri: "E' una 'ndrangheta evoluta"

L’attività rivelata dalle indagini "si posiziona a un livello superiore rispetto all’articolo 416 bis, di una 'ndrangheta evoluta", ha evidenziato Gratteri, secondo il quale dall’inchiesta emerge l’immagine della "specializzazione di una cosca 'ndranghetista in un contesto mafioso più grande e che, partendo da un paese nel Vibonese, riesce ad avere un respiro internazionale agganciando professionisti che si trovano all’estero e riuscendo a interfacciarsi con più banche di vari paesi per far fare ai soldi tanti giri così da farne perdere le tracce, a ripulirli e a fari ritornare in Italia attraverso investimenti soprattutto nel settore immobiliare".

La truffa all'ex ministro dell'Oman e il disappunto sulla riforma Cartabia

Gratteri svela anche le ulteriori distorsioni prodotte dalla riforma Cartabia: «A proposito della riforma Cartabia, per alcune tipologie di reato è necessario che ci sia la denuncia della parte offesa, del danneggiato. Noi avevamo fatto un capo di imputazione per truffa aggravata di 2 milioni di euro che la 'ndrangheta ha realizzato ai danni dell’ex ministro dell’Oman». «Siccome - ha proseguito - non abbiamo la denuncia della parte offesa, non possiamo contestare questo reato di truffa perchè lo stesso con la riforma Cartabia è procedibile solo a querela di parte. Ma si tratta di una truffa aggravata del valore di ben 2 milioni di euro. Questo è solo l’ultimo degli effetti della riforma Cartabia, ma nel corso degli anni ne vedremo tanti altri».

Un sofisticato meccanismo di "lavaggio" del denaro

Soprattutto l’operazione ha permesso dalla Dda di Catanzaro e ai carabinieri, grazie anche alla sinergia con Eurojust e alla cooperazione internazionale con magistratura e forze dell’ordine degli Stati esteri interessati dalle indagini, di ricostruire il sofisticato meccanismo di "lavaggio" del denaro sporco gestito dal locale dei Bonavota, che aveva costituito all’estero, soprattutto in Ungheria ma anche a Cipro, Regno Unito, Francia e Danimarca anche numerose società fittiziamente intestate a terzi. In questo contesto - hanno ricordato gli inquirenti in conferenza stampa - è stato emesso un mandato d’arresto europeo per un’avvocata ungherese risultata intestataria del 50% delle quote societarie di una di queste società, ed è stata individuata una banca ungherese specializzata in criprovalute, nuova frontiera degli interessi della 'ndrangheta. Un risultato da rimarcare, per Gratteri, che ha evidenziato come l’Ungheria sia stata «il primo Stato estero a mettere microspie, e questo è importante, considerando la ritrosia che all’estero hanno nei confronti di questo tema, ma evidentemente la nostra credibilità ci ha fatto aprire le loro porte».

Alla conferenza stampa, oltre al procuratore Gratteri, hanno partecipato anche il vicecomandante del Ros dei carabinieri Gianluca Valerio, il comandante del secondo Reparto Investigativo del Servizio Centrale del Ros, Massimiliano D’Angelantonio e il comandante provinciale dei carabinieri di Vibo Valentia, Luca Toti: in collegamento il vicepresidente di Eurojust, Filippo Spiezia, che ha rimarcato «la collaborazione a livello internazionale e in particolare il contributo delle autorità ungheresi, e questo non era scontato», evidenziando il fatto che «il modello avviato alla Procura di Catanzaro diventa sempre più un punto di riferimento nelle indagini contro la criminalità organizzata».

 

 

 

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