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Catanzaro omaggia Piazzolla: stasera la “Maria de Buenos Aires" al Parco della Biodiversità

Su Astor Piazzolla nell'anno del centenario di nascita. Sull'Astor Piazzolla mai morto, il musicista fine ed affine agli altri grandi di tutti i tempi. Su quell'Astor Piazzolla genio completo e complesso (e compresso e incompreso), internazionale e lunfardo. Su di lui ha scommesso il conservatorio Tchaikovsky di Catanzaro-Nocera Terinese. Un investimento di denaro e sentimento, innervato in un allestimento colossale come sarà Maria de Buenos Aires, “la sua opera-tango più celebre”, accademicamente sconosciuta eppure universalmente risaputa. E proprio con la linguistica della sua musica si chiude stasera alle 21, al Parco della Biodiversità, la stagione itinerante del Politeama.

Trenta elementi della Filarmonica della Calabria diretta dal maestro Filippo Arlia (la regia è di Giandomenico Vaccari), accordati con Cesare Chiacchiaretta al bandoneon, Giovanni Zonno al violino e Salvatore Russo alla chitarra elettrica.
“El Duende” Alessandro Haber protagonista di quella narrazione che Ferrer, il librettista, ha previsto per togliere le pieghe ai quadri e infilare la gente nelle scene. E Cecilia Suarez Paz. Lei, figlia di Fernando (il violinista che Piazzolla amava), perché “Maria” lo è stata fin da bambina e sua madre prima di lei. I costumi sono quelli originali di della catanese Rosy Bellomia. Infine, nel mezzo, ovunque i fondali di Salvatore Tropea, catanese pure lui. I suoi schizzi di note a margine per uno spettacolo dipinto nelle tele del maestro dalle mani lungimiranti.

Nel primo atto un bar con l’aria tossica e attraente del bordello, nel secondo un cimitero, la luna piena, le catacombe, Maria che nasce e muore.
Lo spettacolo replicherà il 10 agosto dentro la Villa Bellini di Catania, il 4 settembre tornerà in Calabria, a Cetraro.

Maestro Arlia, "perché Astor Piazzolla e non Beethoven?"…quante volte ancora bisognerà rispondere a questa domanda?

"Finché esisterà chi non conosce, chi si rifiuta di sapere. Dunque continuo a rispondere. Perché gli devo la mia carriera umana. Perché non c’è limite istituzionale nell’arte, né esclusività che non includa. Perché è sinfonico, prolifico e paradossale. Come missione, perché arrivi e si installi per sempre nel progetto conservatore dei Conservatori. Abbracciato, senza resistenze. Com’è Verdi, come Puccini. Perché è scritto nel sangue".

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