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La resilienza di Marianna a Cortale, nel paese del baco da seta

La coraggiosa avventura di una donna e del marito che, da 34 anni, hanno reinventato la loro attività senza mai arrendersi

I legami preziosi tengono insieme i punti della vita. Dita che con delicatezza dipanano i fili attorcigliati e poi li uniscono. E quelle mani, mosse da passione, ne fanno qualcosa di unico. Sempre diverso. È l’emozione che accompagna la storia di Marianna Bertuca e Nicola Procopio. Moglie e marito che, a Cortale in provincia di Catanzaro, nella loro azienda tessono le trame dell’artigianato calabrese. Con dedizione e tenacia lo fanno vivere. Questi due maestri artigiani seguono tutte le fasi della lavorazione della seta.
«L’unico paese dove non si è mai smesso di produrre e lavorare la seta è Cortale. Non c’è casa che non abbia una sua storia legata a questo prezioso materiale. Come la nostra: mia madre Caterina ha imparato da una signora la trattura del bozzolo. Aveva un telaio e lo usava. Io guardavo, immagazzinavo tutto. Però, non avevo idea di far questo lavoro», racconta Marianna Bertuca. Ha la voce delicata come il tocco delle sue mani mentre crea preziosi capi in seta nella sua bottega in paese. Anche il marito, Nicola Procopio, ha ereditato tutto dalla madre Carmela. Solo che lui era più legato all’allevamento dei bachi da seta con le foglie di gelso. Attività che continua a svolgere adesso nell’azienda artigianale di famiglia, tra le poche in Europa a seguire tutte le fasi di lavorazione. Da qui il nome “Dal baco alla seta”, suggerito da una cliente alla prima fiera che fecero a Catanzaro alla fine degli anni Ottanta.
Restare in Calabria, ma a fare cosa? Se lo sono chiesti i Procopio. Ancor prima di sposarsi sapevano che questa terra non volevano lasciarla. Ma dovevano trovare il modo per viverci dignitosamente. Così da quella materia all’apparenza povera che è il bozzolo, 34 anni fa decisero di avventurarsi in tutte le fasi della lavorazione serica. Tanto da essere i pochi in Calabria e in Italia a produrre tutto ancora artigianalmente. Mantenendo così viva una storia millenaria che fa della Calabria e, in particolare, di Cortale uno dei centri più antichi della lavorazione della seta.
«Abbiamo un allevamento che cura per lo più Nicola, che si occupa anche della trattura e della torcitura. I periodi più intensi sono maggio, giugno e settembre. Tante foglie di gelso per nutrire quelle larve che iniziano la loro trasformazione. Poi c’è la trattura. Partendo dal bozzolo – spiega Marianna – tiriamo un unico filo di seta». Dalla trattura, che trasforma i bozzoli in seta grezza, si passa alla raccolta delle matasse.
«Per un filo consistente di seta ci vogliono dai 30 ai 40 bozzoli», continua. Per poi parlare della delicatezza nella torcitura e nella sgommatura. «Mettiamo a bollire la matassa grezza con sapone fatto in casa. Il filo grezzo è calloso: contiene la sericina. Per eliminare questa sostanza e le impurità facciamo bollire le matasse. La sericina si scioglie e otteniamo il filo di seta puro, morbido. Pronto per la lavorazione».
Nella loro azienda-bottega non sono soli. Con loro c’è anche Caterina, preziosa per i consigli e per quelle mani che lavorano ancora i bachi in pentoloni di acqua calda. Dita che si muovono con eleganza e maestria. Quanti passaggi per arrivare alla tessitura! Lì Marianna dà sfogo alla sua fantasia: copriletti, scialli, orecchini in seta. Dalle creazioni più corpose, che richiedono intere giornate di lavoro, a quelle più semplici. «Per i disegni ho ereditato quelli antichi della tradizione serica di Cortale. Rifinisco con il punto Strega, sebbene uso molto anche il Macramè, ricercato soprattutto per le frange fatte a mano che richiamano la tradizione calabrese. Spediamo in Italia, in Europa e anche in America».
Per colorarli usano gli alimenti naturali: more, menta, tè, salvia, ginestra. Il loro sogno era far di una tradizione un lavoro. Con passione.
Però ne ha incontrato di difficoltà questa azienda. «Prima vendevamo tanti copriletti di seta fatti a mano. Eravamo sempre in giro per le fiere, all’inizio con il primo dépliant in cui c’erano tutte le fasi di lavorazione. Difficile anche reperire i macchinari, ma poi ci siamo riusciti. Infatti, nel laboratorio oltre al telaio antico in legno ne abbiamo uno su misura, insieme ad altre attrezzature», ricorda Marianna.
Poi è arrivata la crisi economica e si è cominciato ad affidare quasi tutto all’industrializzazione. Ma resistono delle eccezioni, quelle artigianali. Ed ecco che “Dal baco alla seta” come le altre rare realtà italiane sono puntini in una costellazione che non vuole spegnersi. «Ci siamo reinventati. Abbiamo iniziato a confezionare anche centrini, bracciali, orecchini in seta, come gli accessori e gli scialli fatti a mano. Allevare il bruco non rende per quanto lavoro c’è da fare – conclude Marianna – Da piccoli siamo diventati piccolissimi».
Ma questi maestri artigiani (con tanto di titolo) non mollano mai. Lo vedi nei segni delle loro mani in cui, senza essere indovini, scopri le strade che portano alla bellezza, a una Calabria resiliente che si nutre da sé.

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