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Emozioni a Limpidi di Acquaro per la riproposizione, dopo due anni di stop, del “Cumbitu” di San Giuseppe

Alla presenza del vescovo, Attilio Nostro, e nell’assoluto rispetto delle norme anti Covid, grandi emozioni e straordinarie sensazioni si sono vissute nella mattinata odierna nella frazione Limpidi di Acquaro dove, dopo 2 anni di stop Covid, è tornata la secolare tradizione del “Cumbitu” (conviviale) di San Giuseppe. Emozioni e sensazioni perché l’iniziativa tornava dopo due anni. Perchè richiede tanto sforzo, e le anime rimaste in paese sono esigue e devono lavorare duro per diversi giorni. Perché dopo decenni a una manifestazione ufficiale di Limpidi è stato presente un vescovo.  Emozioni e sensazioni perché ai margini è stato onorato il sessantunesimo anniversario di matrimonio dei coniugi Ferraro, che l’hanno celebrato con un bacio. Emozioni e sensazioni perché i fedeli che hanno impersonato la sacra famiglia facevano parte di una famiglia “numericamente” molto particolare, al giorno d’oggi. Ma, proviamo ad andare per gradi.

La tradizione del conviviale di San Giuseppe si perde nella notte dei tempi e si svolge un po’ ovunque dappertutto. La particolarità di Limpidi è che da secoli (non si conosce bene la data di inizio ma si presume abbia almeno 300 anni) non è stata mai interrotta (a parte gli ultimi due anni e nel 2012, a seguito della morte di uno storico organizzatore). Originariamente era portata avanti dalle famiglie più povere, le quali si privavano dei frutti della terra e li offrivano a chi era nelle stesse condizioni, ai mendicanti ed ai mercanti, accolti e foraggiati come membri del paese. Oggi, oltre che alla comunità nella sua interezza, è rivolta alle fasce più deboli della società, anziani e ammalati, cui alcuni volontari portano a domicilio le pietanze, scrupolosamente preparate da alcune famiglie del posto.

Il “rito”, così come lo ha definito monsignor Nostro, ha avuto inizio con la messa mattutina, dallo stesso celebrata, con la concelebrazione del parroco della comunità, don Rocco Suppa, del parroco e del diacono di Acquaro, don Rosario Lamari e Pasquale Solea, del rettore del santuario di Soreto, padre Pino Muller, e di don Rocco Scaturchio. Vi ha preso parte anche una delegazione comunale, guidata in fascia tricolore dall’ assessore Michele Rosano. Il lato comunitario della manifestazione consiste nella scelta di tre componenti per impersonare la sacra famiglia, cui è demandato il compito, dopo la benedizione (quest’anno è stata eseguita dal vescovo), del primo assaggio delle 13 pietanze del banchetto al quale, successivamente, chi può partecipa di persona. A tutti gli altri, anziani ed ammalati, il cibo (a devuziuani) viene portato direttamente a casa. In ogni casa, mettendo da parte dissidi e inimicizie, per mantenere intatto l’aspetto solidale dell’evento, che conserva numeri impressionanti in termini di cibo acquistato: 40 chili di stocco, 20 di pasta, 120 di broccoli di rapa, 50 di farina, 25 di ceci e 24 bottiglie di salsa di pomodoro.

Anche quest’anno l’iniziativa si è svolta presso l’abitazione della famiglia Luzza, dove, per l’occasione, senza processione, con un mezzo idoneo è stata traslata la statua di San Giuseppe (un’opera d’arte realizzata nel 1888 da Gabriele Corrado di Dasà, restaurata nel 1930 da Rodolfo del Pozzo e nuovamente restaurata l’anno scorso). Qui si è svolto il rito pubblico, che il vescovo ha definito come una “benedizione che la famiglia fa a tutta la comunità”. «Nel rito di oggi - ha detto il vescovo - in cui ci si occupa dei poveri e dei malati, si fa vedere la comunità che benedice la famiglia. Ma, soprattutto, è la famiglia che si fa vedere. La quale dà un messaggio che benedice a sua volta la comunità cristiana, attraverso l’invito alla preghiera». Effettivamente, come si diceva, le persone che hanno impersonato la sacra famiglia facevano parte di un nucleo numericamente molto particolare, che lancia un grande messaggio. San Giuseppe, infatti, è stato impersonato da Simone Carlino, la Madonna dalla moglie, Mariangela Ciccarelli, e Gesù dal figlio, Maikol. Quest’ultimo ha altri cinque fratelli: Alberto, Nicholas, Riccardo, Andrea ed Emanuele. E pure due sorelline gemelline, Mia e Alice, arrivate circa un anno fa, dopo tanti maschietti a seguito delle preghiere di don Rocco Suppa e del parroco di Melicuccà (dove la famiglia risiede) don Giuseppe Pititto. Una famiglia così numerosa, oggi, commuove e produce straordinarie sensazioni. E lancia un grandissimo messaggio. Come quello lanciato ogni anno dalla caparbia comunità di Limpidi. Che quest'anno, vista la tragica circostanza, ha voluto esprimere anche un messaggio di pace, esponendo una grande bandiera ucraina. Che sia di buon auspicio.

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