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Gli affari di un imprenditore di Lamezia nel Nord Italia: 4 arresti. Sequestro da 5mln NOMI - VIDEO

Stamattina militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Catanzaro, coordinati dalla Procura della Repubblica di Lamezia Terme, hanno dato esecuzione a 4 provvedimenti cautelari personali (arresti domiciliari) e al sequestro di due società e beni per un valore superiore ai 5,2 milioni di euro, disposti dal Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale di Lamezia Terme. I soggetti interessati sono l’imprenditore di Lamezia Terme Claudio Arpaia, già presidente della società di calcio Vigor Lamezia, la moglie Annamaria Del Gaudio, un consulente di Milano Armon Rossi e l’imprenditore trentino Mauro Armani. Gli indagati sono accusati di autoriciclaggio. Nel corso di una perquisizione domiciliare in un garage dell’imprenditore lametino, i finanzieri anche grazie al fiuto di un cane antivaluta in servizio all’Aeroporto di Lamezia Terme, hanno trovato e sequestrato due borsoni con all’interno 1,4 milioni di euro in contanti.

Gli indagati

Claudio Arpaia; Annamaria del Gaudio; Mauro Armani; Armon Rossi.

Gli indagati risultano - come detto - gravemente indiziati dei delitti concorsuali di auto-riciclaggio, nonché sottoposti ad investigazioni preliminari – a piede libero - in ordine ad una ipotizzata associazione per delinquere finalizzata alla commissione di una non definita serie di delitti di auto-riciclaggio. Contestualmente sono in corso perquisizioni locali, personali e informatiche in Calabria, Lombardia, Trentino Alto Adige e Campania.

L'operazione sospetta

Il procedimento penale, tuttora pendente in fase investigativa, è stato avviato a seguito dell’approfondimento, da parte dell’Agenzia delle Entrate, di una sospetta operazione di “Voluntary Disclosure”, posta in essere dall'imprenditore lametino, il quale ha fatto rientrare in Italia 500.000 euro investiti in banche maltesi per mezzo di una società con sede nelle Isole Vergini. Le indagini, svolte dagli specialisti del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria di Catanzaro, hanno consentito di accertare, sia pure in fase investigativa-cautelare, che tale provvista derivasse da pregressi reati fiscali e non da un’eredità, come sostenuto dall’imprenditore nelle competenti sedi.

Evasione e riciclaggio

Successivi stringenti riscontri, acquisiti anche attraverso il ricorso ad indagini di natura  tecnica, hanno consentito di ricostruire compiutamente le attività dell’imprenditore, del coniuge e di due consulenti operanti nel Nord Italia: venivano, pertanto, acquisite agli atti evidenze investigative concretizzanti un grave quadro indiziario di reità in ordine alla circostanza che, attraverso una serie di operazioni finanziarie, fosse stata riciclata la somma di oltre un milione di euro provento di evasione fiscale.

Società di comodo in Svizzera

Per occultare l’origine illecita della provvista, alla stregua dei gravi indizi di colpevolezza acquisiti, risultano essere state costituite società di comodo in Svizzera, ove allocare parte dei proventi dell’evasione, per poi procedere al loro reimpiego nel mercato legale, attraverso operazioni nel settore immobiliare, edile, turistico e del noleggio di natanti.

L'albergo a Madonna di Campiglio

Nello specifico, è stata ricostruita un’importante operazione di investimento immobiliare consistita nell’acquisito di un albergo a Madonna di Campiglio, per 1,2 milioni euro, di cui euro 300.000 da corrispondere in contanti e in nero. Una parte del denaro occorrente per l’operazione (euro 140.000) è stata trasferita in contanti verso il Nord-Italia, come documentato nel corso delle indagini, attraverso un simulato controllo della normativa anti-Covid19 operato da militari della Guardia di Finanza. Due società, del valore complessivo di oltre 3,7 milioni di euro e nel cui patrimonio rientrano il citato albergo di Madonna di Campiglio, uno stabilimento industriale sito nel lametino ed un’imbarcazione del valore di 300 mila euro, sono state sottoposte a sequestro perché la loro disponibilità avrebbe consentito agli indagati di perseverare nel progetto criminoso. Il GIP ha inoltre disposto il sequestro di 1,5 milioni di euro in capo agli indagati, pari alle somme oggetto del prefigurato auto-riciclaggio. Le investigazioni, tuttora in corso, proseguono.

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