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Naufragio di Cutro, presidio della Rete 26 Febbraio a Crotone: "Basta morti in mare"

La Rete 26 Febbraio, composta da 275 associazioni e collettivi, ha promosso un presidio davanti alla Prefettura di Crotone insieme ad altre associazioni di volontariato e del terzo settore provenienti da Cosenza per sostenere le vittime di Cutro e le loro famiglie e per protestare contro le scelte dell’attuale governo sull'immigrazione. Il presidente dell'Associazione Sabir e portavoce della Rete 26 Febbraio e del Forum Terzo Settore Crotone, Manuelita Scigliano, che, insieme ad altri gruppi del terzo settore, si sta occupando di supportare famiglie delle vittime e superstiti del naufragio, ha dichiarato che la rete è nata spontaneamente per chiedere risposte e politiche migratorie diverse al fine di evitare futuri incidenti come quello di Lampedusa o Reggio Calabria. «Le famiglie delle vittime - ha detto Scigliano - non possono essere lasciate sole dalla Prefettura, non può essere lasciato da solo il terzo settore e non si può scaricare sulle spalle del terzo settore il peso di gestire tragedie del genere. Oggi - ha aggiunto - piangiamo i morti e i dispersi in mare. Ma ci sono anche dei dispersi in terra. Queste famiglie chiedono da una settimana risposte allo Stato italiano, chiedono il rimpatrio velocizzato delle salme ed il ricongiungimento con i superstiti. Queste pratiche vanno velocizzate».

Il portavoce della Rete 26 febbraio 2023, Stefano Mancuso, ha detto che «quanto accaduto domenica a Steccato di Cutro non è un naufragio, ma una strage che ha delle precise responsabilità politiche da ricercare nelle politiche verso i migranti degli ultimi decenni portate avanti da governi di centrodestra e centrosinistra». Alla manifestazione, che si è svolta malgrado la pioggia, ha partecipato un centinaio di persone tra cui anche molti parenti delle vittime del naufragio che sono giunte a Crotone da tutta Europa. «Troviamo vergognose - ha aggiunto Mancuso - le parole del ministro e il balletto delle responsabilità su quanto accaduto. Chiediamo verità e giustizia per questa strage e la fine delle politiche migratorie criminali che generano queste tragedie. Chiediamo l’apertura di procedure legali affinché chi scappa da guerre, da oppressioni e da fame estrema non debba mettersi in pericolo in questi viaggi della speranza». Nel corso della manifestazione, che si è svolta in modo pacifico, non sono mancati cori di condanna nei confronti del governo.

Rappresentanti di diverse comunità e associazioni arrivate da tutta la Calabria si sono riuniti sotto la pioggia a Crotone per chiedere il ricongiungimento delle vittime con i superstiti e risposte alle richieste legittime delle famiglie delle vittime. La Rete 26 Febbraio ha lanciato un appello per una politica comune europea di soccorso, accoglienza e asilo e ha annunciato una mobilitazione nazionale con una manifestazione il prossimo 11 marzo a Crotone per chiedere "basta morti in mare".

Portavoce parenti: Mattarella uomo parola

«Il presidente Mattarella è un uomo di parola e so che la manterrà. Noi vogliamo due cose: che le ricerche dei dispersi non si fermino e che le salme riconosciute siano trasferite al più presto nei loro Paesi d’origine». A chiederlo è Mohammad Haroon Faizi, un ragazzo afghano giunto in Italia nel 2016, che si è fatto portavoce dei parenti delle vittime del naufragio di domenica scorsa, intervenendo nel corso del sit-in organizzato davanti alla Prefettura di Crotone dalla «Rete 26 febbraio 2023», formata da 200 associazioni calabresi. Mohammad Haroon Faizi, a nome dei parenti delle vittime, ha chiesto di avere soprattutto informazioni chiare su come procedere per il rimpatrio delle salme e di farlo nel modo più veloce possibile. «Non è arrivato nessuno - ha aggiunto - dal Governo italiano a dircelo per tranquillizzarci. Noi non abbiamo informazioni, non sappiamo come fare per certificati di morte, se andare al Comune, alla polizia o se vengono loro al Palamilone. Fate per favore tutto quello che serve per i rifugiati. Queste famiglie sono qui da una settimana e dei corpi nelle bare tra poco non resterà nulla se attendiamo ancora. Noi non vogliamo essere agevolati, basta che ci dite fino a che punto sarà possibile aiutarci anche perché molti hanno lasciato il lavoro nei Paesi europei dove vivono per essere qui e non possono restare troppo tempo». "Voi italiani - ha detto ancora Mohammad Haroon Faizi - non dovete preoccuparvi degli stranieri. Non siamo un peso sulle vostre spalle. Noi lavoriamo qui come voi e vogliamo una vita normale come voi».

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