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La disfatta dei Torcasio-Cerra-Gualtieri

 C’erano una volta il clan Torcasio a Capizzaglie e la cosca Gualtieri al Timpone. A fare da collante i Cerra. Buona parte di queste famiglie è finita dentro nell’operazione “Chimera” cinque mesi fa per estorsione ed altri reati. Ieri c’è stato il seguito con altre 18 persone considerate nel racket dagli inquirenti (altro articolo a pagina 22). Ma come s’infiltrava la cosca Torcasio-Cerra-Gualtieri nel tessuto sociale lametino? Un esempio da manuale di diritto penale è la vicenda di Francesco Cianflone, piccolo imprenditore edile dell’hinterland lametino, che improvvisamente ha ingrandito il suo business. Nell’inverno del 2007 Cianflone forniva calcestruzzo alla ditta che costruiva una grande clinica privata a Maida, alle spalle del centro commerciale “Due Mari”. Appena i Torcasio l’hanno saputo sono andati a bussare alla porta di Cianflone. Volevano il 3% sul cemento venduto. E 50 mila euro tanto per cominciare la sottomissione. Ma Cianflone non è stato al gioco. Come racconta lui stesso agli inquirenti. Inizialmente ha detto a Pasquale e Vincenzo Torcasio che rinunciava a quella fornitura, quindi niente 3%. Ma il clan s’è inviperito, pretendeva i soldi per pagare avvocati e famiglie dei detenuti del clan. L’imprenditore allora s’è rivolto a Vincenzo Bonaddio, cognato del “Progessore” Francesco Giampà, ed esponente della cupola insieme al boss Giuseppe Giampà con cui c’erano dissapori. Bonaddio gli ha detto di stare tranquillo, che in tre o quattro giorni avrebbe sistemato ogni cosa. Ed è andata proprio così, perchè da Cianflone non si fece vedere più nessun Torcasio. Ma in questi ambienti, così come in quelli esterni alla ‘ndrangheta, non si fa niente per niente. E Bonaddio in cambio del favore ha preteso in cambio il calcestruzzo sufficiente per finire la costruzione di un complesso residenziale di sua proprietà a Feroleto Antico. L’esponente del clan di Via del Progresso ha pagato il cemento a prezzo di costo, e questo gli è bastato. Poi però, secondo gli inquirenti, Cianflone è passato con i Giampà. Nel senso che il clan imponeva il suo imprenditore di fiducia per la fornitura di calcestruzzo e per appalti pubblici e privati. Il costruttore infatti è sotto processo nell’operazione “Piana”, collegata a “Perseo”, con altri tre suoi colleghi accusati d’essere stati i referenti del clan lametino per quanto riguarda il business del mattone. Molte delle persone colpite dall’ordinanza di custodia cautelare richiesta dalla Direzione distrettuale antimafia catanzarese sono in carcere. Alcuni per delitti molto gravi. Come Antonio Gualtieri, Massimo Crapella e Luciano Cimino. condannati nel 2008 a 30 anni per l’omicidio di Domenico Torchia, muratore ventenne. Che secondo l’accusa avrebbe tradito la cosca Giampà-Torcasio-Gualtieri organizzando il tentato omicidio di Antonio Gualtieri il 20 luglio 2006, cioè otto giorni prima che fosse eseguita la sua condanna a morte. La ferocia del boss è scoppiata: qualche giorno dopo, il 4 agosto, i suoi fedelissimi Crapella e Cimino hanno ucciso Giuseppe Catanzaro davanti a un bar in Piazza Mercato Vecchio. In questo modo era stata praticamente decapitata la cosca dei Gualtieri. Mentre quella dei Torcasio è senza un vero capo da anni, dopo una serie di arresti e diversi omicidi che hanno riguardato la famiglia di Capizzaglie. Anche i Giampà sono a corto di boss: il capo storico Francesco è in galera da anni. Mentre suo figlio che aveva ereditato lo scettro collabora con la giustizia da due anni.

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