Era ritenuto dagli inquirenti il vertice di una vastissima organizzazione dedita al traffico internazionale di cocaina che contava su circa cinquanta persone e si occupava di importare lo stupefacente dall'America Latina, Giuseppe Topia, l'imprenditore vibonese che ha lasciato ieri il carcere per decorrenza dei termini di custodia cautelare ed è stato rimesso in libertà.
Le accuse mosse dalla Direzione distrettuale antimafia erano state indubbiamente pesanti: per i magistrati Topia - difeso dall'avvocato Dario Vennetiello del Foro di Napoli - avrebbe importato cocaina attraverso sistemi sofisticati, inserendola in lattine di palmito, in telai di macchinari agricoli o in librerie di legno.
Gli ingentissimi quantitativi di polvere bianca - stando a quanto ricostruito dagli inquirenti - costituivano le più importanti transazioni di cocaina sul territorio nazionale. Due su tutte le altre: la prima da 1.200 kg e l'altra da 1000 kg con un quantitativo impressionante di purezza pari al novanta per cento.
La Corte di Cassazione, però, ha annullato per la prima volta nel 2016 la condanna a 20 anni di reclusione inflittagli in primo grado inflittagli nel marzo 2013 e confermata in Appello nel gennaio 2015. Stessa decisione nel gennaio dello scorso anno, quando è arrivato il secondo annullamento con rinvio. Ora sarà la Corte d'Appello a decidere una volta per tutte sulla sorte di Topia. Ma intanto il narcotrafficante è tornato in libertà
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