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Il grido di allarme del sindaco di Jacurso per un cittadino nato con una grave patologia renale

Ferdinando Serratore

In una lettera aperta il sindaco di Jacurso, Ferdinando Serratore, accogliendo l’appello della famiglia Rondinelli e in particolare di Antonio, nato con una grave patologia renale, lancia un grido di allarme alla politica.

Il racconto parte da quella che descrive come “una mamma eroina: la signora Franca, donna coraggiosa e tenace che della sofferenza ne ha fatto un punto di forza, la forza dell’animo che non l’ha mai vinta”. Protagonista della vicenda è “Antonio, il figlio nato nel 1980 con una grave patologia renale, fin da subito - racconta il sindaco - costretto ad intraprendere i viaggi della speranza. Dapprima a Milano, dove è stato curato per anni, con trattamenti chirurgici invasivi, vanificati dall’evoluzione della malattia che l’ha portato in tenera età al trattamento dialitico”. Nel 1990 la Francia è stata la prima tappa della speranza: “qui sottoposto a trapianto, dopo quaranta giorni la triste notizia del rigetto. Il ritorno alla dialisi forzata, la ripartenza per valutare la possibilità di un nuovo trapianto, avvenuto al S.Eugenio di Roma nel 1993, anche questo sconfitto da un’infezione. La forza di una famiglia unita e inarrendevole accompagna Antonio ad un altro trapianto nel 2003 al Bambin Gesù di Roma. Quando tutto sembrava normalizzarsi per una famiglia provata da anni di sofferenza, a distanza di sedici anni giunge la notizia di un altro rigetto, il ritorno in dialisi porta la famiglia allo scoramento”.

Inoltre, a tutto ciò negli ultimi tempi è sopraggiunta la malattia del padre, questo, racconta ancora il primo cittadino, ha pregiudicato il sostegno di accompagnare Antonio all’ospedale di Lamezia per le sedute dialitiche. Il Sindaco assieme alla famiglia, pur prodigandosi affinché gli venisse riconosciuto un sostegno per accompagnare Antonio tre volte a settimana per le sedute, terapia salva vita, non ha ricevuto ascolto. Purtroppo, si legge ancora nella lettera “l’INPS non riconosce ad Antonio l’indennità di accompagnamento, pur trattandosi di terapia salva vita. L’unico sostegno al momento è un miserevole rimborso spese viaggio da parte dell’ASP, che non copre nemmeno il 25% e, tra l’altro, riconosciuto dopo accorati solleciti a distanza di sei mesi”. Da qui il suo grido di allarme e l’appello alla politica e ai dirigenti sanitari affinché possano affrontare e risolvere questa storia di dolore, di ingiustizie e soprattutto di grande amore familiare.

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