Un “sistema” di potere e corruzione. Le dichiarazioni rese al procuratore vicario di Salerno, Luca Masini, dal medico di Castrovillari Emilio Santoro detto “Mario” e dal giudice di Catanzaro, Marco Petrini, riportano alla mente una delle scene più divertenti del film “Jhonny Stecchino”. Quella nella quale Roberto Benigni, inconsapevole sosia di un boss mafioso, grida in un teatro affollato dall’alta borghesia: “Qui signori è tutto un magna magna!”.
Santoro, infatti, collettore delle tangenti destinate al magistrato, non solo confessa che a Petrini «i soldi non bastavano mai!», ma rivela i retroscena di una serie di vicende a dir poco imbarazzanti che riguardano avvocati, giudici tributari e un commercialista di Cosenza.
Un esempio? La sentenza di secondo grado riguardante la condanna inflitta a un imprenditore del settore turistico del Crotonese dopo l’accertamento condotto dall’Agenzia delle Entrate. All’imprenditore era stata comminata una sanzione di un milione di euro. Anche in appello la causa era andata male e perciò l’uomo aveva deciso di chiedere aiuto al dottore “aggiusta processi” del quale era amico.
Emilio Santoro, sulla carta medico ma di fatto risolutore di inghippi giudiziari, racconta che interessò del caso un noto avvocato catanzarese iscritto alla Massoneria che organizzò subito un rimedio... a pagamento. Siccome il verdetto di seconda istanza era stato deciso dai magistrati tributari ma non ancora trasposto in forma ufficiale attraverso la rituale battitura, il legale contattò un altro avvocato componente della Commissione tributaria e, nottetempo, fece trascrivere il brogliaccio della sentenza in chiave positiva.
In che senso? Il ricorso che era stato respinto venne trascritto come accolto ed i giudici firmarono una sentenza che conteneva conclusioni diametralmente opposte a quelle assunte in camera di consiglio.
Costo dell’operazione? Quindicimila euro di anticipo e venticinquemila a cose fatte. Santoro indica, naturalmente, nomi e cognomi delle persone coinvolte nell’affaire. I pm di Salerno avrebbero già sguinzagliato la Finanza alla ricerca di atti e fascicolo di causa.
Ma non è finita. Marco Petrini non solo avrebbe ricevuto denaro per annullare confische e sequestri di beni, ridurre condanne e accomodare probabilmente vertenze tributarie ma si sarebbe servito di periti compiacenti. A cui affidava l’incarico, ottenendo in cambio una parte delle parcelle liquidate e indirizzandoli nelle valutazioni. Uno dei consulenti del magistrato pesantemente tirato in ballo da Emilio Santoro e indicato come percettore di tangenti - “in un caso intascò centomila euro” – è un commercialista di Cosenza.
Il dottore “aggiusta processi” sostiene che in una occasione fu proprio questo professionista bruzio ad accompagnarlo da Petrini per consegnare una somma di denaro a titolo corruttivo. Pure questi fatti sono al vaglio del procuratore Masini. L’indagato, infine, parla di altri magistrati, questa volta cosentini, riferendo circostanze ed episodi appresi dal coindagato ed ex consigliere regionale Pino Tursi Prato. Gli “omissis” apposti dai pubblici ministeri impediscono però qualsiasi approfondimento.
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