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Estorsioni e appalti nel Vibonese, i clan e la costruzione di supermercato e scuola

L'Ipsia di Filadelfia mai completato

«Qui è una casbah... una giungla!». Parole intercettate nel corso delle indagini scaturite nell’operazione “Imponimento” (che nei giorni scorsi ha portato a 75 arresti fra la Calabria e la Svizzera) che descrivono, in modo chiaro, l’atmosfera esistente nel territorio compreso tra Pizzo e il bivio dell’Angitola, nell’area di Curinga, dove nella realizzazione di villaggi turistici, attività commerciali e anche opere pubbliche, si sarebbero concentrati gli interessi di più cosche del Vibonese. Quelle dell’area innanzitutto (Mazzotta di Pizzo e Pardea-Ranisi di Vibo), che esercitano influenza sul territorio di Pizzo con il benestare degli Anello di Filadelfia e dei Bonavota di Sant’Onofrio.

Interessi che, stando alla recente inchiesta di Dda di Catanzaro e guardia di finanza, si sarebbero tradotti in vere e proprie estorsioni finalizzate all’accaparramento dei lavori per il movimento terra e la costruzione con il piazzamento di ditte controllate dalle ’ndrine.

Un corollario vario dentro cui si inserisce l’estorsione al punto vendita Eurospin realizzato in località Casale di Pizzo che, per la suddivisione dei lavori, sarebbe la dimostrazione plastica degli assetti mafiosa della zona.

Ebbene – in base a quanto messo nero su bianco dagli inquirenti – l’individuazione delle imprese cui vennero affidati i lavori di movimento terra piuttosto che la fornitura di calcestruzzo, nonché i lavori di carpenteria «non scaturì dalla libera scelta del committente di rivolgersi alle imprese presenti sul mercato», nonché fu «dettata dalla necessità dello stesso di adeguarsi alle indicazioni del capo cosca Rocco Anello, veicolate tramite Franco Caridà».

Infatti il movimento terra venne gestito dalla ditta individuale intestata a Francescantonio Anello, figlio del boss di Filadelfia e che a lui sarebbe riconducibile; le forniture di calcestruzzo furono affidate alla Prestanicola srl, mentre i lavori di carpenteria furono di competenza dell’impresa «riconducibile ai cugini Giuseppe del ‘77) e Giuseppe (del ‘63) Fortuna», entrambi coinvolti nell’operazione Scott Rinascita in quanto ritenuti organici al clan Bonavota di Sant’Onofrio «anche in qualità di imprenditori di riferimento della consorteria».

Spostandosi più nell’interno lo zampino degli Anello ci sarebbe stato anche nella costruzione (mai ultimata) del nuovo Istituto professionale Ipsia di Filadelfia. Appalto bandito dalla Provincia di Vibo e aggiudicato nel 2016 dalla società Ceb srl, che a sua volta ha subappaltato parte delle opere all’impresa individuale Euro Tecno di pasquale Mazzotta.

In pratica Rocco Anello, tramite la ditta di movimento terra intestata al figlio, otteneva dall’appaltatore, tramite l’interposizione del subappaltatore, l’affidamento dei lavori di sbancamento. inoltre Nicola Antonio Monteleone e Daniele Prestanicola avrebbero esercitato pressioni con modalità mafiose nei confronti dell’appaltatore «per convincerlo a effettuare il pagamento dei corrispettivi, in favore dell’impresa riconducibile a Rocco Anello, in relazione a tutti i lavori» svolti nel cantiere di Filadelfia. Ma non è tutto perché, relativamente all’Ipsia, la cosca Anello «grazie alle figure professionali incaricate dell’esecuzione dei lavori» per ottenere maggiori profitti ai danni della Provincia si era data da fare per la redazione della “variante 2” al progetto.

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