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Autobomba a Limbadi, un indagato si difende e solleva dubbi sulle intercettazioni

Ha chiarito qualche circostanza legata alla sua posizione, ma senza andare oltre. Antonio Criniti, 30 anni di Soriano (avv. Pamela Tassone) è stato l’unico dei quattro indagati coinvolti nell’inchiesta “Demetra 2” sull’autobomba del 9 aprile del 2018 a Limbadi, a rispondere alle domande del gip Mario Miele. Nel corso dell’interrogatorio di garanzia per rogatoria – la misura cautelare è stata infatti emessa dal gip distrettuale – Criniti, al quale la Dda contesta di essere stato uno degli esecutori materiali del micidiale attentato che ha dilaniato il corpo di Matteo Vinci e causato il grave ferimento del padre Francesco, si è soffermato all’intercettazione che lo riguarda inerente un traffico di droga nelle Preserre.

Nello specifico l’intercettazione sarebbe temporalmente da collocare alcuni giorni prima del sequestro di 4 chili di marijuana per cui l’indagato ha ammesso, a suo tempo, la propria responsabilità. Fatto per il quale il 30enne di Soriano ha patteggiato la pena e la sentenza oggi è passata in giudicato. E in quell’intercettazione Criniti commentava con Vito Barbara (altro indagato già arrestato nell’ambito dell’operazione “Demetra 1”) l’azione di fuoco perpetrata pochi giorni prima (maggio 2018) da Francesco (Ciko) Olivieri ritenendo che avesse agito a volto scoperto perché ormai stanco. Secondo quanto emerge dall’intercettazione sarebbe stato Barbara (avv. Giovanni Vecchio e avv. Fabrizio Costarella) – che ieri nel carcere di Potenza si è avvalso della facoltà di non rispondere – a rilevare: «Qua se non la impostavamo... io non mi ero stancato? Mi ero stancato! La stessa cosa è successa!». Frase che per l’accusa è da riferirsi all’autobomba.

L'articolo completo sulla Gazzetta del Sud, edizione Calabria

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