«È una vera associazione mafiosa», così chi ne faceva parte descriveva l’organizzazione messa in piedi da Antonio Gallo. L’indagine “Basso profilo” condotta dalla Dda di Catanzaro ricostruisce l’intreccio di società cartiere ma soprattutto il piccolo esercito di spalloni e teste di legno al servizio del “principino”. Ma oltre ai “prelevatori” all’organizzazione servivano impiegati e direttori di uffici postali che chiudessero un occhio su operazioni sospette, ogni qual volta taluno dei soggetti incaricati di recarsi ad effettuare operazioni postali si presentasse direttamente allo sportello invece che utilizzare le carte prepagate al postamat. Emerge così il ruolo di Antonella Drosi, impiegata “infedele” delle Poste all’ufficio di Santa Maria di Catanzaro che agevolava le operazioni di prelievo degli associati o dei loro incaricati, omettendo di segnalare anche se obbligata in qualità di intermediario finanziario le operazioni sospette. In cambio l’organizzazione teneva a stipendio suo fratello Valerio. Per garantire la massima sicurezza nelle operazioni la Drosi si era inventata anche una parola d’ordine per i membri dell’associazione in modo da compiere più velocemente le operazioni.
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