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Ex moglie di 'ndrangheta ridotta in schiavitù, a processo il marito e altri 3 a Limbadi

La donna stanca dei maltrattamenti aveva iniziato a raccontare gli affari del clan Mancuso agli inquirenti

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Riduzione e mantenimento in schiavitù, maltrattamenti in famiglia e usura. Questi i reati per i quali il Gup distrettuale di Catanzaro, accogliendo una richiesta della Dda, ha disposto quattro rinvii a giudizio nell’ambito di un’indagine che vede quale vittima e parte offesa Ewelyna Pytlarz, la donna polacca moglie di Domenico Mancuso (fratello dei più noti boss di Limbadi Giuseppe Mancuso, alias «Pino Bandera», e Pantaleone Mancuso, detto «Scarpuni") divenuta dal dicembre 2013 testimone di giustizia.

Il reato di riduzione e mantenimento in schiavitù, aggravato dalle modalità mafiose, viene contestato a Domenico Mancuso, 47 anni, ed alla madre Giulia Tripodi, 82 anni, di Limbadi, per aver costretto Ewlyna Pytlatrz a vivere in condizioni insostenibili sempre in regime di stretto controllo e sorveglianza, picchiandola con pugni e calci. Reato di usura contestato, invece, a Roberto Cuturello, 54 anni, di Limbadi, mentre il reato di favoreggiamento in usura viene contestato ad Antonio Agostino, 63 anni, di Nicotera.

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