Il gup di Catanzaro ha rinviato a giudizio gli imputati coinvolti nel troncone catanzarese dell’inchiesta «Petrolmafie» contro presunti illeciti perpetrati dalle cosche del vibonese e loro sodali nell’affare degli idrocarburi. Nell’operazione, condotta nell’aprile scorso, erano confluite le risultanze di indagini coordinate, dalle Dda di Roma, Napoli, Reggio Calabria e Catanzaro e condotte dai reparti territoriali della Guardia di finanza e dallo Scico, e, nel caso di Catanzaro, anche dal Ros dei carabinieri. Tra i rinviati a giudizio figura Salvatore Solano, presidente della Provincia di Vibo Valentia e sindaco di Stefanaconi, accusato di corruzione e turbata libertà degli incanti con l'aggravante mafiosa. Secondo la Dda avrebbe stretto un accordo con il cugino Giuseppe D’Amico (in carcere con l’accusa di associazione mafiosa) sia per essere eletto nelle elezioni del 2018 (in una coalizione sostenuta da Forza Italia) con metodi intimidatori nei confronti degli elettori, sia per affidare alla ditta dello stesso D’Amico appalti per la bitumazione delle strade in maniera illecita e con materiale scadente. Gli imputati sono accusati, a vario titolo, di associazione mafiosa, estorsione, intestazione fittizia di beni, riciclaggio, reimpiego di denaro di provenienza illecita, corruzione, evasione delle imposte e delle accise anche mediante emissione ed utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, scambio elettorale politico-mafioso e turbata libertà degli incanti. L’inchiesta cerca di far luce sugli affari della 'ndrangheta nel settore degli idrocarburi. A giudizio ci sono anche tre funzionari della Provincia di Vibo Valentia, imprenditori e boss dei clan Mancuso, Fiarè e Piscopisani. Il processo davanti al Tribunale collegiale di Vibo Valentia avrà inizio il prossimo 13 dicembre nell’aula bunker di Vibo.
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