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Vibo, denuncia di Emanuele Mancuso sulla tutela dei minorenni: "Due pesi e due misure"

Emanuele Mancuso

La denuncia di Emanuele Mancuso, primo pentito della cosca Mancuso di Limbadi che con la sua collaborazione ha stravolto le “regole” non scritte della famiglia di ’ndrangheta, è forte. Attraverso il suo avvocato, la penalista Antonia Nicolini, il collaboratore batte su un tasto per lui doloroso e che riguarda il rapporto con la figlioletta oggi di 4 anni.
La piccola, sottoposta al programma di protezione, convive con la madre ed è affidata ai Servizi sociali. Due circostanze che, a parere di Emanuele Mancuso, relativamente al suo caso, dimostrano come in Italia «esistono delle realtà che solo fittiziamente e apparentemente garantiscono e tutelano il benessere del minore». Il collaboratore – che chiede l’intervento delle associazioni nazionali che tutelano i minorenni – denuncia «soprusi» che assieme alla bimba sarebbe costretto a subire. «Ingiustizie» le definisce da parte «di un sistema che, seppur legalizzato, nella realtà dei fatti desta molto sospetto considerato il mio status di collaboratore di giustizia che ha reciso ogni legame con la criminalità organizzata, in contrapposizione alla mia ex compagna, madre di mia figlia, tutt’oggi appartenente alla cosca Mancuso e mai dissociatasi».
Gli incontri tra Mancuso e la bimba avvengono secondo un calendario disposto dai Servizi sociali, ai quali è stata affidata con decreto definitivo del Tribunale dei minorenni di Roma. «Inspiegabilmente io e mia figlia – sottolinea il collaboratore – su disposizione del Servizio sociale siamo costretti a effettuare incontri solo una volta a settimana (quando gli fa comodo) della durata di 40/50 minuti con l’impossibilità concreta di costruire un rapporto affettivo... una pagliacciata! Quando ero bambino e andavo in carcere a trovare mio padre», il boss Pantaleone Mancuso, «effettuavo colloqui settimanali di due ore». Comunque sia il collaboratore di giustizia denuncia anche le condizioni fatiscenti dei locali in cui incontra la figlia: «Mentre da un lato severe normative comunitarie impongono specifici requisiti edilizi per la realizzazione di una stalla, gli incontri con mia figlia avvengono in locali fatiscenti con vistose carenze igienico-sanitarie: una struttura umida, sporca e carente delle più elementari condizioni ludiche idonee per garantire serenità alla minore e rendere piacevole l’incontro col genitore». Infine Mancuso punta il dito anche contro «le numerose falsità riportate nelle relazioni dei Servizi sociali», ribadendo che in una «quella più grave in assoluto, mette in discussione addirittura la mia paternità».

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