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Maxi processo “Stige" contro la cosca di Cirò Marina, la Dda: confermare tutte le pene

Il procedimento in Appello a Catanzaro. L’inchiesta del 2018 ha svelato gli interessi delle ’ndrine cirotane

Il sostituto procuratore della Dda Domenico Guarascio

«Confermare le condanne del primo grado di giudizio». Ieri il pubblico ministero della Dda di Catanzaro, Domenico Guarascio, applicato per l’occasione alla Procura generale, ha chiesto alla Corte d’Appello presieduta da Loredana De Franco di ribadire le stesse pene, per oltre 600 anni di carcere, che il Tribunale di Crotone il 25 febbraio 2021 ha inflitto ai 53 imputati coinvolti nell’operazione “Stige” contro la cosca Farao-Marincola di Cirò Marina. Si tratta dell’inchiesta, venuta alla luce il 9 gennaio 2018 con l’esecuzione di 169 arresti da parte dei carabinieri, con la quale la Procura antimafia si disse convinta di aver messo sotto scacco una «holding criminale» che per anni avrebbe controllato interi settori dell’economia locale, oltre che condizionare l’attività amministrativa dei Comuni di Cirò Marina e Strongoli. «La cosca cirotana collocava delle persone appartenenti all’organizzazione inserendole nell’amministrazione e sostenendole elettoralmente», con l’intento «di ottenere futuri vantaggi», come autorizzazioni, concessioni, assegnazione di appalti di lavori e servizi: è stato uno dei passeggi della requisitoria. Ma non solo. Perché il clan sarebbe riuscito a mettere le mani sia sul «mercato dell’import-export di prodotti alimentari e vitivinicoli, di semilavorati e preparati per pizza» venduti in Germania, che sugli appalti per «il taglio e la commercializzazione della legna» nell’altopiano Silano mediante l’affidamento degli interventi boschivi all’impresa “Fratelli Spadafora srl” di San Giovanni in Fiore, che sarebbe avvenuto con minacce e tramite la compiacenza di alcuni funzionari comunali.

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