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Catanzaro, soldi in contanti e società cartiere: così la ’ndrangheta infiltra il Nord

La ricostruzione nelle carte della Dda di Milano che ha arrestato Orlando Demasi

Il tribunale di Milano

«Un tipo tozzo, robusto e arrabbiato» che viaggiava in auto con confezioni per le strisce di ceretta riempite di banconote e girava con almeno tre telefoni cellulari di cui cambiava numero quasi ogni settimana. Così un imprenditore varesino descrive Orlando Demasi finito in carcere nell’ambito di un’inchiesta della Dda di Milano per un giro di usura ed estorsioni, aggravata dal metodo mafioso, spaccio di sostanze stupefacenti ed emissione di fatture per operazioni inesistenti. Nato a Santa Caterina sullo Jonio nel 1975, Demasi è riuscito a scalare le gerarchie della locale di 'ndrangheta di Giussano direttamente collegata alla locale di Guardavalle.
A tracciare il profilo criminale dell'imprenditore era stato già anni fa il collaboratore di giustizia Michael Panaja. Agli investigatori milanesi ha raccontato che Demasi aveva chiesto di essere affiliato alla 'ndrangheta dopo la morte in un incidente automobilistico del fratello maggiore. Il pentito ha sostenuto che Orlando Demasi venne "rimpiazzato" nell'agosto 2010 su sua richiesta in occasione di una cerimonia tenutasi in un terreno di proprietà dei genitori a Santa Caterina allo Ionio, alla presenza dei vertici del clan Gallace. Successivamente, in un summit organizzato nel suo capannone di Zelo Surrigone, gli è stata conferita la dote della "camorra". Nonostante una condanna definitiva a 8 anni di carcere era riuscito a ottenere la libertà vigilata. Demasi, secondo la Dda milanese, sarebbe diventato un punto di riferimento per gli imprenditori della zona che si trovavano in difficoltà economiche, pur consapevoli del suo legame con la 'ndrangheta.

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