Il titolo del capitolo dell’informativa è «Intercettazioni rilevanti per indizi diversi da stupefacenti». Le prime righe sono eloquenti su ciò che segue: «Captazioni che consentono di aprire spaccati investigativi quali estorsioni e sospetti legami con il mondo della politica». Continuano a rivelare circostanze inedite o confermare ipotesi e sospetti le carte depositate agli atti dell’inchiesta della Dda di Catanzaro che, nei mesi scorsi, ha colpito una rete di presunti pusher accusati di aver rifornito di marijuana, hashish e cocaina la movida del centro, compresi diversi clienti della “Lamezia bene”.
Due informative redatte dal personale del Commissariato lametino e della Squadra Mobile di Catanzaro delineano un quadro abbastanza inquietante sui propositi del gruppo (secondo la Dda guidato dal 33enne Antonio Pagliuso, dietro il quale ci sarebbe la “regia” del 69enne Felice Cadorna, alias “zio Tonino”, solo indagato a piede libero) che avrebbe voluto approfittare di un «vuoto di potere» seguito alle operazioni contro il clan Iannazzo-Cannizzaro-Daponte per ricostruire una “famiglia” uscita sconfitta dalla faida e «crescere nell'ambito criminale» acquisendo «l'intera piazza di spaccio di Lamezia Terme».
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