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Catanzaro, il mercato dei voti gestito dai rom

Le dichiarazioni della collaboratrice di giustizia Cerminara finiscono nell’inchiesta condotta dalla Polizia

I dubbi che da anni agitano le campagne elettorali cittadine su presunte compravendite dei voti nella periferia sud trovano adesso conferma, seppur parziale, nelle parole della collaboratrice di giustizia. Si tratta di Annamaria Cerminara, ex compagna di Giovanni Passalacqua, ritenuto uno degli esponenti di spicco della criminalità rom. La donna, in un verbale, fa anche i nomi di alcuni politici catanzaresi nessuno dei quali è indagato. La donna ha riferito che in più occasioni, il suo ex convivente veniva avvicinato da “referenti”, tra cui anche un imprenditore di cui avrebbe già parlato, che chiedevano il voto in favore di alcuni politici. In alcuni casi non ha ricordato con esattezza in occasione di quali consultazioni ciò sia avvenuto e se, in alcuni casi, ci fosse stato realmente una offerta di denaro in cambio dei voti.

Dubbi sulle regionali

Dichiarazioni, c’è da sottolineare, che sono in possesso dell’autorità giudiziaria dal 2018, ma che a oggi non hanno portato a provvedimenti della magistratura nei confronti delle persone citate dalla pentita. Nella richiesta vergata dai pm dell’antimafia si specifica che non sono emersi «riscontri che specificatamente corroborano le dichiarazioni della collaboratrice». Però agli atti dell’inchiesta sono state allegate le risultanze investigative che giungono da un’altra indagine. Ebbene questi elementi fanno scrivere ai pm della Dda che «sono emerse evidenze che lasciano trasparire come la comunità rom di Catanzaro costituisca un bacino elettorale a cui attingere». Più in particolare in un’informativa della Squadra Mobile si dà atto dell’attività di compravendita di voti attraverso la comunità rom per due candidati al Consiglio regionale alle elezioni del gennaio 2020.

L’accordo

«Passalacqua - si legge nell’ordinanza - in base a quanto affermato dalla collaboratrice, gestiva tutti i gruppi nomadi di Catanzaro Sala, Lido e Germaneto. Egli riceveva ingenti somme di denaro da soggetti che gli chiedevano i voti e si accordava con i capi nomadi che avevano il controllo delle zone». In particolare, stando al racconto della pentita, all’accordo avrebbero partecipato anche Cosimino Abbruzzese, alias U Tubu; Domenico Viceloque, alias “Mico rota liscia”; Ernesto Bevacqua, alias “U Giappone”; e Luigi Pereloque Vecceloque, alias “U Marocchino”. In una delle più recenti consultazioni elettorali «Giovanni Passalacqua - ha raccontato la pentita - riscontrò che non corrispondevano i voti nelle circoscrizioni controllate da due referenti del clan». Ci fu una lite che culminò con minacce di morte.

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