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'Ndrangheta nel Vibonese, i “nuovi” contrasti interni ai Mancuso: "Li abbiamo cresciuti e ora ci mordono"

Il retroscena emerge dalle intercettazioni riportate nell’inchiesta “Imperium”. Le mire di Diego sul Sayonara e il rancore verso l’uomo di “zio Luigi”

I contrasti tra le varie articolazioni del clan Mancuso sono cristallizzati in diverse indagini del passato, ma dalla recente inchiesta “Imperium” emergono «una serie di discordie e di nuove dinamiche familiari» che riguardano proprio i rapporti tra i vari boss e coinvolgono alcuni uomini di loro fiducia. Se ne parla nel capitolo dell’inchiesta dedicato agli interessi che sul villaggio Sayonara – una delle strutture ritenuta nell’orbita del clan – avrebbe vantato anche Diego Mancuso (“Mazzola” o “Addeco”), 70enne tornato in linertà nel 2020 e poi coinvolto nella recente operazione “Olimpo”. Gli inquirenti hanno monitorato alcuni dialoghi intercorsi nel 2018 tra lui e Assunto Megna (uno dei principali indagati di “Imperium”) e i pm della Dda di Catanzaro definiscono le dinamiche che ne vengono fuori «di particolare interesse investigativo». Riguardano in primis il disappunto che “Addeco” esterna per il comportamento di Agostino Papaianni, 72enne coinvolto in Rinascita-Scott (la Dda ha chiesto per lui 30 anni di carcere) e ritenuto in stretto contatto con il superboss Luigi Mancuso, in relazione a un distributore di carburante. Per ottenerne la gestione, Papaianni «sarebbe stato disposto – ricostruiscono i pm richiamando le parole di Diego Mancuso – anche ad estromettere con la forza l’attuale gestore, ossia un bravo ragazzo di Vibo». Il boss aggiunge di non poter tollerare questo atteggiamento «specie perché avente ad oggetto attività economiche ubicate nel territorio di sua competenza», e di essere amareggiato per aver subito scorrettezze da quello che riteneva un proprio uomo: «Li abbiamo avanzati, li abbiamo cresciuti e ci mordono le spalle...».

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