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Simona Cavallaro aggredita e uccisa dai cani a Satriano, per il gup è omicidio colposo

Il giudice: un intervento del pastore avrebbe evitato l’evento, ma non è stata dimostrata la diretta volontà dell’imputato

«L’intervento dell’imputato al momento dei fatti avrebbe con alto grado di probabilità potuto evitare l’evento morte». È quanto scrive il gup del Tribunale di Catanzaro Sara Merlini nelle motivazioni della sentenza con cui ha condannato a 3 anni di reclusione il pastore Pietro Rossomanno residente a Satriano, proprietario del branco di pastori maremmani che aggredì e uccise la giovane Simona Cavallaro in località Monte Fiorino, nel Comune di Satriano, il 26 agosto 2021. Secondo il giudice però il comportamento dell’imputato è ascrivibile a «disinteresse, noncuranza, spregiudicatezza», ma non sarebbe dimostrata «la diretta volontà».

Da qui la scelta di riformulare l’accusa da omicidio volontario contestato dalla procura a quello colposo. Si spiega così la condanna di molto inferiore rispetto a quanto era stato richiesto dalla pm Irene Crea che aveva chiesto al gup di infliggere 15 anni di reclusione a Rossomanno difeso dagli avvocati degli avvocati Salvatore Staiano e Vincenzo Cicino. Nelle 14 pagine di motivazioni il giudice dà atto che il quadro probatorio a carico dell’indagato è «dettagliato e uniforme».

«La circostanza per cui l'odierno imputato fosse lontano dal gregge il giorno in cui si è verificata la morte della Cavallaro - scrive il gup - appare comprovata dalle immagini acquisite dal sistema di video sorveglianza comunale dalle quali è stato possibile accertare che Rossomanno alle ore 11.08 era giunto presso il bar di Satriano ove vi era rimasto fino alle 12.39 ora in cui aveva lasciato la piazza senza farvi ritorno».

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