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Sbranata dai cani nella pineta di Satriano: la Procura “contesta” il Gup

Si riaccendono i riflettori sulla morte della ventenne soveratese Simona Cavallaro

Simona Cavallaro

La sentenza di primo grado aveva lasciato l’amaro in bocca, non solo ai familiari e agli amici di Simona Cavallaro, ma anche alla Procura di Catanzaro che aveva chiesto 15 anni di condanna per il proprietario del gregge a seguito del quale si trovava il branco di cani che uccise la ventenne il 26 agosto 2021 nella pineta di Monte Fiorino a Satriano. Arriva ora la presa di posizione dei magistrati inquirenti che chiedono, dopo la sentenza di primo grado, una pena più pesante per Pietro Rossomanno, il pastore condannato in primo grado a 3 anni di reclusione dal gup Sara Merlini il 27 giugno scorso.
Alla base della decisione la riqualificazione del reato da omicidio volontario a delitto colposo, che ha accolto in pieno la tesi degli avvocati Vincenzo Cicino e Salvatore Staiano e ridimensionato la richiesta del pm Irene Crea che era stata inizialmente di 15 anni di reclusione. Per la Procura il Gup aveva tralasciato elementi importanti formulando una pena troppo bassa nei confronti di un imputato, accusato anche di introduzione o abbandono di animali nel fondo altrui, pascolo abusivo, invasione di terreni ed edifici. Un omicidio che, sempre secondo la Procura, era da considerare nella cornice di un evento che si è verificato in un contesto profondamente illecito.
Il motivo è connesso «all’abitudine del pastore di lasciare pascolare arbitrariamente il gregge in un’area attrezzata per pic nic, senza alcuna autorizzazione, nell’ambito di un’attività di pastorizia esercitata all’insegna dell’illegalità».

Una decisione per il pm «illogica e contraddittoria» che non tiene conto dell’aggressività degli animali che rispondevano solo al padrone e che, secondo le accuse, era nota al proprietario che già in passato era stato segnalato da altri cittadini del paese satrianese che avevano anche pubblicato la foto sui social degli stessi cani che hanno attaccato e ucciso la giovane ragazza di Soverato.
A essere al centro delle accuse «l’atteggiamento di Rossomanno che in più casi aveva rivendicato come di sua proprietà i terreni destinati per loro natura a ospitare visitatori, noncurante che la presenza del gregge e dei cani da guardiania avesse già creato problemi».
Altro elemento da valutare per il pm è la relazione del veterinario che ha chiaramente certificato che «i maremmani hanno la peculiarità di prendere possesso del territorio con all’interno il relativo gregge, difendendolo strenuamente e senza paura».
Una visione diversa da quella del Gup che si era invece soffermato sull’atteggiamento collaborativo di Rossomanno subito dopo la morte di Simona, partecipando attivamente alle operazioni di cattura dei cani così come a quelle di circoscrizione del gregge.
Una vicenda complessa che continuerà a far parlare di sé, una storia cruenta che ha scosso le comunità di Satriano e Soverato che, al di là delle risultanze giudiziarie, guardano il dato di fatto di una giovane vita spezzata nel modo più violento che si possa immaginare.

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