Una condanna definitiva e una nuova coda processuale per l'omicidio di Stefano D'Arca, il 54enne ucciso la notte dell'8 marzo 2019 a pochi metri dal Bar Moka di Crotone, in viale Regina Margherita, con sette colpi da una pistola "Beretta" calibro 7.65 esplosi dall'82enne Francesco Pezziniti.
Così ha deciso ieri la prima sezione penale della Cassazione che da un lato ha reso irrevocabili i 15 anni e 7 mesi di carcere inflitti all'anziano imputato, il 18 maggio 2023, dalla Corte d'Assise d'Appello di Catanzaro. Mentre dall'altro ha annullato con rinvio ad altra sezione dell’Assise d’Appello, la pena a 10 anni e 8 mesi di reclusione comminati a Giuseppe Cortese, il 34enne nipote di Pezziniti, in merito all'accusa di concorso anomalo in omicidio. Per quest'ultimo quindi ci sarà un ulteriore giudizio di secondo grado.
L'assassinio di D'Arca venne definito dai giudici dell'Appello non come «una legittima difesa» da parte di Pezziniti, bensì un'«evidente sproporzione» tra «l'offesa arrecata» dalla vittima e «la reazione» dell'82enne. Il delitto di sangue si consumò pochi minuti dopo la mezzanotte, quando la vittima si recò al Bar Moka con modi aggressivi e violenti. Il 54enne prima iniziò a litigare con Cortese, per poi cominciare a prendere a calci e a pugni il bancone dell’attività commerciale. Ma «la reazione» di Pezziniti - stabilirono i giudici dell'Appello - fu «perpetrata nei confronti di un soggetto disarmato, che aveva preso di mira solo cose e oggetti, e che, peraltro, aveva ormai abbandonato il bar, sui cui arredi aveva canalizzato la sua furia».
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