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Paravati, il testamento spirituale di Natuzza «non può far parte dello Statuto»

Natuzza Evolo e monsignor Luigi Renzo

In una lettera indirizzata a “Gazzetta del Sud” il vescovo Luigi Renzo chiarisce i motivi per cui il “Testamento spirituale” della Serva di Dio Natuzza Evolo non può figurare nello Statuto della Fondazione.

"Considerazioni - precisa - già fatte presenti in più occasioni" agli stessi rappresentanti dell'ente morale e che giungono a stretto giro di posta dopo quanto affermato pubblicamente dal presidente Pasquale Anastasi domenica, nel corso della festa della Mamma e della sua successiva proposta di spostare il testamento dall'articolo 2 nella premessa storica dello Statuto.

Innanzitutto mons. Renzo parla di «incongruenza giuridica in uno Statuto, la cui natura è di regolare aspetti costitutivi di un ente, su cui su mia richiesta di delucidazioni, si era già espresso l'Ufficio Giuridico della Conferenza Episcopale Italiana fin dall'ottobre 2015. Ma ancora più esplicita - continua il vescovo - è stata la risposta della Segreteria di Stato Vaticano il 9 gennaio 2017, a firma dell'allora Sostituto Segretario di Stato Angelo Becciu, oggi cardinale Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, dove si dice testualmente: “La Bozza di Statuto predisposta con l'aiuto dell'Ufficio Giuridico della CEI può certamente essere presa come linea guida. Mi permetto di suggerire anzitutto di “asciugare” il testo che, comunque, è un documento giuridico e deve essere quindi caratterizzato da un certo rigore e da uno stile proprio. Si tenga conto che si tratta di uno Statuto, nel quale si devono rappresentare e normare solo gli elementi strutturali e permanenti dell'ente... In questa linea si dovrebbe eliminare completamente l'art. 2”, che in realtà è proprio l'articolo che contiene il Testamento spirituale. Non entro nel merito delle altre osservazioni sempre della Segreteria di Stato - puntualizza Renzo - a cui nella mia proposta di modifica mi sono attenuto, modifica del resto accettata dalla Commissione paritetica che ha lavorato fino a novembre scorso».

Ma «a parte questi aspetti di natura giuridica» il pastore diocesano ci tiene a rilevare che «inserire il Testamento nello Statuto approvandolo col mio decreto, legherei ed obbligherei l'autorità del vescovo, mia e dei miei successori, a tutti i passaggi in esso previsti, che, se sono spiritualmente ispirativi per la Fondazione, non possono esserlo per la Diocesi. È impensabile - afferma il presule - che la Diocesi debba dipendere ed attenersi ad un testamento spirituale di una persona, sia pure santamente vissuta. È la Fondazione che deve ispirarsi ad esso non la Diocesi ed è la Fondazione che deve operare in comunione con la Diocesi, non il contrario. È questa che deve adeguarsi alle direttive della Diocesi, non il contrario».

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