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L'evento che tutti aspettavano: Catanzaro si riunisce attorno alla "Naca" FOTO

Prima il suono della tromba, poi quello del tamburo. Le croci colorate, i figuranti (molti lo fanno per ex voto, soprattutto chi porta la croce), le bambine vestite da Addolorata. Infine, la "Naca" portata a spalla come da tradizione di Vigili del Fuoco e la Madonna vestita di nero con il cuore trafitto da sette spade. Infine la banda che suona marce funebri. Tutto questo è la "Naca", la processione del venerdì santo di Catanzaro conosciuta in tutta Italia perché inserita in passato nelle guide del Touring Club come uno degli eventi da non perdere nel Belpaese. Ma per chi abita a Catanzaro (e anche per chi risiede nel comprensorio) la "Naca"(dal greco νάκη (nake), che significa "vello lanoso", adoperato verosimilmente per la costruzione di culle o amache), ovvero il letto di morte di Cristo, non è solo una processione. E' molto di più: è fede, tradizione, simboli e, in alcuni casi, anche leggenda. Ed è per questo che anche quest'anno in molti hanno invaso le vie del centro storico per non mancare a questo tradizionale appuntamento.

La storia

La processione ha origine dalle visite delle confraternite ai sepolcri, quando inizia l’usanza di trasportare i «simulacri della Passione». Così come la conosciamo, ha assunto la sua forma nel 1937 per volontà dell’allora arcivescovo monsignor Fiorentini, che indicò il percorso (anche oggi lo stesso, cambia solo il senso di marcia in base alla chiesa d’uscita) e impose la sintesi di una celebrazione unitaria invece delle quattro che si tennero fino a quel momento (una per ogni confraternita).  L’alternanza delle uscite ha risolto pure i problemi di concorrenza fra una confraternita e l’altra.

I simboli

I primi ad uscire, tra due immensi ali di folla, sono gli stendardi e i gonfaloni appartenenti alle congreghe del Rosario, del San Giovanni, dell’Immacolata e del Carmine, che a rotazione si occupano dell’organizzazione. A seguire, le quattro croci: la nera (del Rosario), la bianca (del Carmine), la rossa (di San Giovanni Battista) e la celeste (dell'Immacolata) ognuna in rappresentanza delle quattro congreghe.

La leggenda

Ed esiste anche una leggenda attorno alla "Naca", ovvero il fatto che, qualora nelle ore precedenti ci fosse maltempo, il cielo si rischiari all'uscita della processione e per tutta la durata del corteo. Infatti, in passato, quando dovette uscire la processione dalla Basilica dell'Immacolata e minaccia di piovere, i confratelli "vestirono" la campana maggiore con una mozzetta celeste, quasi per ingraziarsi Dio e la stessa Immacolata di evitare il maltempo. E, fino a qualche anno fa, il rito veniva fatto.

Il piatto nato con la Naca

Ma c'è anche la nascita di un piatto legata ala processione della "Naca". Infatti, ai portatori (di solito prima della processione) non si poteva dare da mangiare il "morzello", classico piatto tipico catanzarese a base di trippa e altre interiora che vengono cucinate con il sugo di pomodoro e poste in una ciambella di pane chiamata "pitta". Il problema era che questo piatto non si poteva mangiare il venerdì santo in quanto è consuetudine non mangiare carne. Per questo motivo si sostituì la carne con il baccalà e nacque il "morzello" di baccalà cucinato ancora oggi nelle case e nei ristoranti tipici della città.

Foto Salvatore Monteverde

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