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Sentenze aggiustate a Catanzaro, i pentiti: una loggia "coperta" influenzava i processi

Petrini e Santoro

Una loggia massonica coperta e deviata. Attiva in Calabria da tempo e nella quale confluirebbero gli interessi d’imprenditori, faccendieri, politici spregiudicati e uomini delle Istituzioni. Un “luogo non luogo” che metterebbe insomma insieme tanta gente e che sarebbe stato frequentato pure dal giudice Marco Petrini.

Si tratterebbe di una loggia deviata, costituita all’esterno della istituzioni massoniche regolari, su cui punterebbero i sistemi del potere profondo per influenzare l’andamento di certe cose nella nostra regione e condizionare anche vicende giudiziarie.

Petrini è accusato di averne fatto parte da un killer con aspirazioni da boss: Andrea Mantella, “azionista” del clan dei piscopisani, fattosi passare per “depresso” per evitare il 41 bis e trovare ospitalità in una clinica privata di Cosenza – “Villa Verde” – dove continuava ad organizzare i suoi affari criminali e presiedere “battesimi” di nuovi picciotti di ’ndrangheta.

Nella medesima struttura era finito pure Samuele Lovato, siciliano di origine ma ritualmente affiliato alla cosca Forastefano di Cassano, pure lui poi diventato collaboratore di giustizia come Mantella. Ma dell’esistenza di logge coperte e deviate hanno parlato anche altri ex mafiosi. I primi furono Giacomo Ubaldo Lauro e Filippo Barreca a Reggio Calabria, poi il notaio Pietro Marrapodi, successivamente l’ex consulente finanziario Cosimo Virgiglio, operante al servizio delle cosche di Gioia Tauro.

Le dichiarazioni di Virgiglio sono peraltro contenute negli atti della maxinchiesta “Scott-Rinascita” condotta dalla Dda di Catanzaro contro i clan egemoni del Vibonese. A loro si aggiungono Antonio Belnome, ex capolocale di ’ndrangheta a Giussano, e Consolato Villani, teste di accusa nel processo alla cosiddetta “’ndrangheta stragista” a Reggio.

Di riunioni segrete e logge deviate e coperte, parlano i pentiti di Gioia Tauro, Antonio Russo e Marcello Fondacaro, lasciando intendere che questi rapporti avrebbero apportato indubbi vantaggi alle consorterie della Piana. Poi ci sono decine di intercettazioni: la più famosa vede protagonista Pantaleone Mancuso, detto “Vetrinetta”, di Limbadi che, ignaro d’essere intercettato afferma: «La’ndrangheta non esiste più... una volta c’era la ‘ndrangheta! La ’ndrangheta fa parte della massoneria!».

C’è inoltre un colloquio tra il boss Giuseppe Pelle di San Luca e un “compare” di Bianco nel quale quest’ultimo si lamenta del fatto che altri ‘ndranghetisti forti d’un legame massonico deviato si «siedono sempre con i giudici» traendone benefici processuali. Esiste davvero questo “sistema” oscuro capace d’influenzare i fatti giudiziari?

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