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Fratelli di Vibo uccisi in Sardegna, ritrovati i corpi dopo la confessione del vicino

Davide e Massimiliano Mirabello

«Sono stato io ad ucciderli, mi hanno aggredito e mi sono difeso. I cadaveri sono nascosti in campagna, vicino al paese, tra i cespugli». È grazie a una confessione che è arrivata la svolta decisiva nell’omicidio dei due fratelli di origine calabrese Massimiliano e Davide Mirabello, di 35 e 40 anni, scomparsi da Dolianova, sud Sardegna, il 9 febbraio scorso.

Oggi pomeriggio i corpi sono stati ritrovati dai carabinieri nel punto indicato da Joselito Marras, 57 anni, arrestato il 20 marzo scorso insieme al figlio Michael, di 27, quali responsabili del duplice delitto. Una confessione arrivata dopo un interrogatorio voluto dallo stesso Joselito.

Due ore fitte di domande per via telematica nel corso delle quali l’uomo ha voluto «chiarire la dinamica dei fatti che hanno portato alla morte dei due fratelli», ha spiegato l’avvocata che lo rappresenta, Maria Grazia Monni, e «ha escluso il coinvolgimento del figlio». All’origine del fatto di sangue ci sono vecchi attriti tra i Marras e i Mirabello legati al pascolo del gregge.

Prima litigi verbali, poi accuse sull'uccisione di un cane, l’incendio di una Ape Piaggio e di un capanno e, infine, una brutale aggressione ai danni di Michael Marras. Il 9 febbraio Davide e Massimiliano Mirabello escono di casa forse per regolare i conti con i vicini, ma trovano la morte. Non troppo distante dalla loro abitazione i carabinieri individuano tracce di sangue, mentre la loro auto, una Polo, viene rinvenuta bruciata in una stradina di campagna.

Ed è proprio lì vicino che oggi pomeriggio sono stati trovati i corpi. Erano nascosti tra i cespugli, in avanzato stato di decomposizione. Lunedì sarà eseguita l’autopsia - a cui parteciperanno anche i consulenti del collegio difensivo composto oltre che dall’avvocata Monni, da Patrizio Rovelli e Fabrizio Rubiu - che chiarirà come sono stati uccisi, anche se l'ipotesi più avvalorata al momento è quella di un’arma bianca: un coltello o un attrezzo da lavoro.

I carabinieri del Nucleo investigativo del Comando provinciale di Cagliari, della Compagnia di Dolianova, insieme a unità cinofile e molecolari, militari del 9/o Battaglione e Cacciatori di Sardegna dal giorno della scomparsa non hanno mai smesso di cercare i corpi, come non si sono mai fermate le indagini.

Nei giorni scorsi, infatti, è stato indagato per favoreggiamento Stefano Mura, 42 anni, di Dolianova, conoscente delle vittime che avrebbe fatto sparire dal luogo del delitto un coltello che aveva regalato a Davide Mirabello, per poi consegnarlo quasi 30 giorni dopo ai carabinieri danneggiato e bruciato.

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