Ergastolo per Nicolino Grande Aracri, assolti gli altri tre imputati Angelo Greco, Antonio Lerose e Antonio Ciampà «per non aver commesso il fatto». È la sentenza emessa poco fa dalla Corte d’Assise del tribunale di Reggio Emilia per il processo 'Aemilia 1992', uno dei filoni del maxiprocesso alla 'ndrangheta emiliana. I quattro erano accusati di omicidio volontario, premeditato e aggravato del metodo mafioso nei confronti di Nicola
Vasapollo, 33enne di Cutro, assassinato il 21 settembre 1992 a Reggio Emilia e di Giuseppe Ruggiero, 35enne cutrese, ammazzato da quattro uomini travestiti da carabinieri il 22 ottobre '92 a Brescello, sempre nel Reggiano.
Dopo la sentenza del processo 'Aemilia 1992' letta dal giudice Dario De Luca (a latere Silvia Guareschi) che ha presieduto la Corte di Assise - riunitasi in camera di consiglio per oltre 5 ore - il pubblico ministero della Dda, Beatrice Ronchi ha lasciato immediatamente il tribunale: nella sua requisitoria al termine del dibattimento aveva richiesto la condanna all’ergastolo di tutti e quattro gli imputati, ma solo uno è stato accolto, quello a carico di Nicolino Grande Aracri ritenuto responsabile solo per uno dei due omicidi (Ruggiero), mentre per l’altro (Vasapollo) è stato assolto «per non aver commesso il fatto».
Nicolino Grande Aracri - ritenuto il boss dell’omonima cosca - ha ascoltato la pronuncia in collegamento audiovideo dal carcere di Opera a Milano dove si trova recluso al 41 bis. Deve già scontare almeno un altro ergastolo dopo la sentenza divenuta definitiva del processo Kyterion a Catanzaro. La pm aveva chiesto l’ergastolo anche per Angelo Greco, nato a San Mauro Marchesato (Crotone) e recluso a Torino, Antonio Lerose, nato a Cutro e residente a Bologna, e Antonio Ciampà. Per questi ultimi due, in stato di libertà, la Ronchi aveva chiesto anche la misura cautelare dell’arresto in quanto entrambi non avevano mai, secondo l’accusa, interrotto i loro contatti con la 'ndrangheta e smesso di investire i proventi delle attività criminali.
Per gli stessi omicidi nell’ottobre 2018 erano stati condannati in abbreviato Nicolino Sarcone a 30 anni e il pentito Antonio Valerio a 8 anni. Così come venne decretato l’ergastolo per Raffaele Dragone - figlio di Antonio Dragone, ucciso nel 2004 nella successiva faida coi Grande Aracri - e Domenico Lucente, che si suicidò in carcere dopo la sentenza. Al centro del processo cominciato l’11 febbraio 2019, infatti vi era la faida tra le cosche rivali Vasapollo-Ruggiero e Dragone-Grande Aracri-Ciampà-Arena, per l’egemonia della criminalità organizzata soprattutto per quanto concerne il traffico di droga tra Emilia-Romagna, Calabria e Lombardia.
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