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Autobomba di Limbadi, in cinque a giudizio per l'omicidio del biologo - Nomi e Foto

Quattro rinvii a giudizio e un abbreviato. Andranno a processo, davanti alla Corte d'Assise di Catanzaro, quattro dei cinque imputati coinvolti nell'autobomba del 9 aprile dello scorso anno a Limbadi, costata la vita a Matteo Vinci, biologo del luogo di 44 anni e che provocò il gravissimo ferimento del padre Francesco.

Omicidio, tentato omicidio – entrambi aggravati dalla premeditazione, dai motivi abietti e futili, nonché per la morte di Matteo "per aver agito con crudeltà verso le persone"– detenzione e porto illegale di esplosivo, lesioni personali, armi e tentata estorsione, i reati, tutti aggravati dalle modalità mafiose, di cui dovranno rispondere, a vario titolo, gli imputati tutti appartenenti alla famiglia Di Grillo-Mancuso, raggiunti il 26 giugno dello scorso anno, da un'ordinanza di custodia cautelare nell'ambito dell’operazione “Demetra” condotta dai carabinieri della Compagnia di Tropea e del Comando provinciale di Vibo con il coordinamento della Dda di Catanzaro.

In particolare, stralciata la posizione di Rosina Di Grillo, 37 anni di Limbadi (avvocato Carmelo Naso) la quale ha chiesto e ottenuto di essere processata con il rito abbreviato, il prossimo 17 settembre davanti alla Corte d'Assise dovranno comparire: Rosaria Mancuso, 64 anni di Limbadi (sorella di alcuni boss dell’omonima cosca), difesa dall'avvocato Francesco Capria, il genero Vito Barbara, di 28, di Serra (avvocati Giovanni Vecchio e Fabrizio Costarella), ai quali viene contestato l’omicidio di Matteo Vinci e il tentato omicidio del padre Francesco.

La Mancuso e il genero vengono ritenuti «ideatori e promotori del delitto» in concorso con altri soggetti non identificati in quanto «al fine di costringere i coniugi Vinci-Scarpulla a cedere alle loro richieste estorsive» avrebbero «concordato e disposto» che altri collocassero e facessero esplodere una radio-bomba in località Macrea. A processo anche Lucia Di Grillo, di 29 anni (avvocati Vecchio e Costarella), figlia della Mancuso e moglie di Vito Barbara, che risponde soltanto dell'imputazione relativa alle armi. Originariamente ritenuta tra gli "ideatori e promotori" in relazione all'assassinio di Matteo Vinci è stato lo stesso pm distrettuale Andrea Mancuso a chiedere l'archiviazione per la giovane.

Inoltre Barbara, la Mancuso e il marito Domenico Di Grillo, 71 anni (avvocati Capria e Antonino Carmelo Naso) sono accusati del tentato omicidio di Francesco Vinci (ottobre 2017) – colpito ripetutamente con un’ascia (che avrebbe brandito Di Grillo) e un forcone (che avrebbe usato Barbara) – mentre Rosaria Mancuso li avrebbe incitati gridando: «Ammazzatelo, ammazzatelo!». Nel marzo del 2014 invece le lesioni a Scarpulla e Vinci il quale sarebbe stato bloccato e trattenuto per le braccia dalla Mancuso e dalle figlie Lucia e Rosina Di Grillo «consentendo – secondo l’accusa – agli altri familiari di colpirlo e poi scagliandosi contro Rosaria Scarpulla colpendola al volto».

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