“Rimarrò in caserma giorno e notte fino a quando non sarà notificato a Lucia Di Grillo il provvedimento per presentarsi all’udienza preliminare davanti al Gup di Catanzaro perché per oggi le è stato consegnato in ritardo e gli altri erano assenti”. Sono le parole di Sara Scarpulla, madre di Matteo Vinci, il giovane biologo che ha perso la vita in modo barbaro ed efferato il 9 aprile 2018 a causa di un’autobomba piazzata all’interno dell’auto.
Poche ore fa, la donna si è presentata alla caserma dei carabinieri di Limbadi intenzionata a non muoversi se la giustizia non andrà avanti, perché il processo, secondo la donna, “già prima di cominciare è sabotato – afferma -. Eravamo lì questa mattina, ma chi era ammalato, a chi non è stato notificato il provvedimento, nessuno si è presentato e il processo non si è fatto. Non capisco questa corruzione da dove parte. Stanno scadendo i termini e non so fino a quando si continuerà a giocare così, non mi convince”.
“Loro devono essere giudicati e condannati – afferma Scarpulla, riferendosi agli imputati –. Matteo non si è ucciso da solo e nemmeno mio marito si stava uccidendo da solo. Si è salvato perché è un miracolato. Questa famiglia dal 2014 (Di Grillo–Mancuso, ndr), ci sta distruggendo la vita”.
Per la donna gli imputati dovranno essere condannati, così, come Matteo lo è stato da loro. “Matteo non esce più da quella cella e loro non devono vedere più la luce del sole ed invece stanno sabotando tutto a partire dalla caserma per finire ai giudici”.
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